Quand’ero ragazzino negli anni 50 del secolo scorso ed abitavo alla contrada dei Fiori di Condove, c’era un evento oltre a quello del 2 agosto, festa della Madonna degli Angeli patrona del Santuario del Collombardo, a cui i miei genitori non volevano assolutamente mancare ed era il 29 settembre festa di San Michele nella omonima Abbazia di San Michele della Chiusa monumento notissimo della Val di Susa.
Quel giorno tutta la famiglia si svegliava presto, e dopo una buona colazione e preparato lo zaino col pranzo al sacco, iniziava la camminata per raggiungere l’Abbazia. Scendevamo dai Fiori fino alla stazione ferroviaria per poi arrivare alla Chiesa di San Pietro Apostolo nel comune Chiusa San Michele (378 m), dove alla destra della stessa iniziava il sentiero che ci portava alla Sacra. La mulattiera era un lastricato di pietre e la salita si faceva subito sentire ma il percorso era ombreggiato nel bosco. Lungo il percorso, dopo circa 50 minuti incontravamo un bivio che a sinistra indicava la via per borgata San Pietro, noi mantenendo la destra, raggiungevamo più sopra un pianoro nel bosco con fontanella.
Breve sosta per bere un bicchiere di acqua fresca e poi proseguivamo arrivando all’ampio piazzale del Colle della Croce Nera (859 m) dove una stradina conduceva al Sepolcro dei Monaci e alla millenaria Abbazia (962 m). Mi sembra di ricordare che dai Fiori di Condove alla Sacra di San Michele impiegavamo quasi 2 ore e mezza.
La Sacra di San Michele è un edificio che contiene una serie di fasi architettoniche, anche molto tarde, che hanno contribuito a determinare l’aspetto attuale così romantico della basilica e del complesso monastico. La bellezza paesaggistica, le opere d’arte conservate al suo interno, la sua architettura, lo scalone dei morti, fungono da forte richiamo per le migliaia di turisti e per questo motivo, per la sua bellezza e imponenza e per il suo suo stato di conservazione, è stata riconosciuta come Monumento Simbolo del Piemonte.
Ma per mio padre la gioia più grande era veder apparire nel suo abito nero, luminoso nell’aspetto e nello spirito, sempre sorridente, quasi a far da tramite tra l’oscuro “scalone dei morti” e la chiesa sovrastante padre Andrea Alotto vecchia conoscenza di gioventù e quasi coetaneo.
Tutti i Condovesi conoscevano padre Alotto e sanno che era nato a Mocchie il 26 giugno 1902 nella piccola borgata dei Sinatti, frequenta i primi quattro anni di scuola elementare in montagna ed il quinto a Condove poi studi superiori in Seminario a Susa. Inizia il noviziato nel 1923 nella Congregazione religiosa fondata da Rosmini, consacrato sacerdote nel 1933, e dal 22 ottobre 1943 rettore della Sacra di San Michele. Affronta con energia e saggezza i venti mesi cruciali della guerra civile e della resistenza, svolgendo un ruolo determinante. La Sacra diventa luogo di rifugio per i perseguitati, mentre i partigiani la utilizzano talvolta come punto di osservazione. Nell’ambito del vasto rastrellamento del maggio 1944, i tedeschi perquisiscono la Sacra e minacciano di morte i padri, accusandoli, tra l’altro, di nascondere armi per i partigiani. Lascia la Sacra nel 1946 ma dopo un periodo trascorso tra Roma e Stresa torna definitivamente sul monte Pirchiriano nel 1951 dove rimane fino al maggio 1992 quando passa a Stresa. Si è spento il 7 gennaio 1993 e con lui è finito un importante capitolo della storia della Sacra di San Michele.
Era bello vedere i miei genitori parlare con padre Alotto, lui con il libro delle preghiere tra le mani sapeva donare serenità ed era felice di poter discorrere e raccontare episodi della vita e di sentire notizie del paese natio, sembravano immersi in un’altra dimensione in un momento unico ed irripetibile.
Dopo la chiacchierata con il padre e la visita alla Sacra si tornava al pianoro della fontanella per consumare il pranzo. C’era una maggiore disponibilità ad apprezzare le cose semplici, bastava sedersi sull’erba, davanti ad una ruvida tovaglia che offriva fette di pane scuro, un piatto di acciughe al verde, l’immancabile toma nostrana, salame, uova sode, qualche fetta di polenta e un fiasco di Avanà il vino rosso locale, per ritrovare poi l’allegria e un nuovo gusto per la vita.
Ma il tempo vola, si deve far ritorno a casa, il percorso in discesa era più facile e lo zaino era alleggerito dei cibi consumati; rimaneva il ricordo di un monumento bellissimo pur se visto più volte e la figura di padre Andrea Alotto là in piedi davanti al portale dello Zodiaco custode affabile, fedele e discreto dell’abbazia.
Gianni Cordola