Specchio dei tempi alla borgata Dravugna

Tra i ricordi di gioventù è riaffiorato nella mia memoria un episodio di generosità grazie a “Specchio dei tempi”, la rubrica del giornale La Stampa di Torino, protagonista una giovane fanciulla abitante nella borgata Dravugna di Condove.

Nel mese di ottobre dell’anno 1961 una giovane pastorella aveva chiesto a “Specchio dei tempi” un orologio da polso. “I risparmi di casa sono pochi — spiegava nella lettera —, io non posso comprarmelo. L’orologio mi potrebbe servire quando vado al pascolo con le pecore, saprei quando è ora di tornare a casa, senza dover stare attenta ai rintocchi della campana nella valle. Nelle brutte giornate di nebbia, guardando qualche volta l’ora mi sembrerà che il tempo passi più in fretta”.

La pastorella era Maria R. diciottenne che trascorreva le sue giornate alla borgata Dravugna di Condove con una sorella minore ed i genitori accudendo una decina di pecore, un’altra sorella maggiore sposata viveva nella stessa borgata. La borgata composta di poche casupole con una quindicina di abitanti a circa 1230 metri di altitudine era raggiungibile a piedi dalla strada carrozzabile Condove Mocchie Frassinere con un’oretta di camminata, oppure direttamente dal capoluogo Condove tramite una mulattiera con due ore di cammino. A quei tempi i pastori percorrevano questa via almeno una volta a settimana di mercoledì, giorno di mercato. Scendevano con il mulo, portavano burro e formaggio di montagna e risalivano con le provviste per la settimana. Nella stagione invernale i montanari di Dravugna e delle altre frazioni montane vivevano quasi senza contatti con il mondo esterno. Le uniche persone che vedevano erano il postino se aveva lettere da recapitare o il messo comunale se aveva pratiche da espletare. Non ricordo se erano già allacciati alla rete elettrica ma credo di no. La loro sopravvivenza era data da pochi capi di bestiame e dal duro lavoro nei campi. In caso di funerali la bara doveva essere portata a spalle sino alla strada carrozzabile e da li al cimitero di Mocchie.

“Specchio dei tempi” accolse la richiesta e in una giornata di fine ottobre gli incaricati della rubrica salirono alla borgata accompagnati dalla guardia comunale C. Norberto, Maria era sulla soglia di casa. Le consegnarono un orologio di valore che non osava toccare nel timore si rompesse. “Quassù — spiegava il padre — gli orologi sono forse più rari che nei villaggi africani. In famiglia, l’ultimo orologio da taschino lo abbiamo comperato trent’anni fa. Mi ricordo che l’avevo pagato settanta lire”. La ragazza sprizzava felicità e gioia, non si aspettava un regalo così bello e diceva: “Nelle giornate di brutto tempo confeziono all’uncinetto calze e maglie di lana. Certi giorni il freddo mi paralizza le dita, non posso nemmeno lavorare”.

Nei giorni di festa gli abitanti della borgata andavano a Mocchie per la celebrazione liturgica, sicuramente Maria avrà sfoggiato l’orologio di “Specchio dei tempi”.

Gianni Cordola

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