I pani della carità

Il 13 giugno il calendario religioso festeggia Sant’Antonio di Padova, e la mattina della domenica più vicina a quella data a Condove si celebra il Santo. Era consuetudine nei tempi antichi offrire il pane della carità, pane portato in chiesa e benedetto durante la festa e distribuito ai fedeli, un pezzetto per ognuno in famiglia. È il pane che veniva offerto ai poveri dai maggiorenti del paese in occasioni particolari, il pane speciale, quello bianco dei signori. Un pane dai molti significati, dove i culti precristiani, banditi dalla porta, sono rientrati dalla finestra in nome di un sincretismo che ha sovrapposto e riproposto le antiche tradizioni al Cristianesimo dominante.

Oggi la tradizione del pane della carità si ritrova nelle borgate della montagna Condovese in occasione della festa del Santo a cui è dedicata la Cappella ed a cura dei priori. I priori scelti di anno in anno sono i responsabili di una associazione di fedeli che di solito persegue finalità di culto. In questo caso è un laico ed ha il compito di presenziare e controllare che tutto vada bene durante la funzione religiosa nella cappella, curare l’addobbo floreale e la pulizia della stessa ed eventualmente fornire il pane della carità o un piccolo rinfresco.

La tradizione del pane della carità non è documentata, se ne ha memoria nelle persone più anziane di Mocchie e Laietto. Mio padre raccontava che la mattina della festa si andava alla casa dei priori che offrivano due grossi pani tondi o ovali decorati in vario modo, detti “la tsarità“ in francoprovenzale; una forma di pane più piccola della stessa forma e decorazione destinato alla famiglia che era stata scelta per fare i priori l’anno successivo e un’altra sempre piccola destinata al sacerdote che celebrava la messa. Si formava un piccolo corteo che giungeva alla chiesa dove aveva luogo la celebrazione liturgica. Terminata la messa si benediceva il pane che veniva tagliato a piccoli pezzi e messo in apposite ceste. I priori aspettavano accanto alla porta la gente che usciva dalla chiesa per offrire il pane benedetto e prima di portarlo alla bocca effettuavano il segno della croce.

Ma su quel pane ecco che i panificatori iniziarono a riproporre segni antichi e a ricollocare i talismani propiziatori della fertilità e di buoni raccolti. Nelle feste delle varie borgate si ritrovano spesso tali elementi, occasione per valorizzare e divulgare Il patrimonio della cultura locale. In alcune borgate il pane della carità era chiamato “ël cariton” (in piemontese) ed era una focaccia dolce farcita di uva fragola o mele spolverata di zucchero e veniva preparato solo in autunno e nelle prime settimane dell’inverno. Fatto con gli avanzi della pasta usata per fare il pane, senza aggiungere burro, con poco zucchero e utilizzando la frutta a disposizione. I pani della carità oggi sono veri e propri dolci preparati con farina dolcificata, burro e frutta (generalmente uva fragola fresca o essiccata o mele).

Vediamo come si fa oggi “IL PANE DELLA CARITÀ (Ël cariton)”

Ingredienti: ½ kg di farina, 1 hg di burro, 2 hg di zucchero, 1 uovo intero, 2 hg di uva fragola (oppure di mele tagliate a cubetti), mezzo bicchiere di latte, una bustina di lievito, un pizzico di sale.

Procedimento: Cuocere a fuoco basso latte, zucchero, burro e un pizzico di sale. Disporre la farina sul tavolo e aggiungere l’uovo e gradualmente la miscela di latte. Si impasta, incorporando per ultimo il lievito. Quando l’impasto è omogeneo, lasciarlo riposare per alcuni minuti davanti a una fonte di calore. Lavare l’uva fragola, lasciarla sgocciolare e farla asciugare. Dividere la pasta in due parti, di cui una leggermente più grande dell’altra, e stendere due sfoglie. Con la più larga foderare il fondo e le pareti di una teglia imburrata e infarinata. Quindi disporvi gli acini d’uva e coprire con l’altra sfoglia sigillando bene i bordi. Cospargere la superficie di zucchero e infornare. Durante la cottura, i chicchi di uva rilasciano il succo che si va a unire all’impasto. Lasciar raffreddare.

Origine della benedizione del pane.
Una volta, anni dopo la canonizzazione del Santo, una leggenda racconta che vicino Padova a una madre che stava lavorando nei campi cadde il figlio Tommasino in una vasca. Quando lo recuperò era morto annegato. La madre andò di corsa all’altare di Sant’Antonio, chiedendogli di restituire la vita al figlio e promettendo di dare ai poveri una quantità di grano pari al peso del bambino. Alla fine della supplica, il bambino si rianimò e tornò normale. La donna prese il grano, fece il pane e lo distribuì ai poveri. Per questo venne chiamato “Pane di Sant’Antonio” ed in seguito “Pane della carità”.

Gianni Cordola

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