Antichi mezzi di trasporto

I mezzi di trasporto sono cambiati attraverso i secoli, anzi, i millenni ed hanno segnato lo sviluppo dell’umanità dall’invenzione della ruota in avanti.
Anticamente nei Comuni di Mocchie, Frassinere e Condove i mezzi di trasporto che consentivano di collegare tra loro borgate e alpeggi, ed entrambe con i paesi a valle dove si tenevano i mercati, erano rappresentati dalle gambe e dagli animali (muli, asini e cavalli). Su per gli alpeggi i carri non si sono mai potuti avventurare, e il mezzo più affidabile è sempre stato l’uomo, con il fardello sulla schiena, con il suo mulo dal basto sovraccarico. E quante volte le donne hanno percorso il tragitto tra la borgata e il mercato di Condove con la loro capace gerla di legno sulla schiena, per scambiare le tome e il burro con il necessario per la vita quotidiana.

Pettigiani Ermenegildo al Collombardo

Pettigiani Ermenegildo al Collombardo

Tra l’800 e il 900 è stata realizzata una fitta rete di mulattiere selciate di pietra, che consentivano collegamenti migliori tra i paesi della valle, le borgate più alte e gli alpeggi.
Ora iniziamo un viaggio nel tempo e vediamo qualche mezzo di trasporto usato dai contadini di Condove, Mocchie e Frassinere nella prima metà del secolo scorso.

cerchioLa slitta (la “lesa” in piemontese, la “lèvia” in francoprovenzale)

La "lesa" antico mezzo di trasporto

La “lesa” antico mezzo di trasporto

Fino ad un recente passato, nella montagna di Condove ma anche in tutto l’arco alpino, il trasporto da monte verso valle (o viceversa) del fieno e della legna era possibile grazie all’uso di grandi slitte, le “lese”, le caratteristiche slitte di legno trainate da uomini, usate per trasportare carichi sulle mulattiere alpine, appositamente realizzate durante le lunghe sere degli inverni alpestri.
Nel ripercorrere le rotaie scavate nelle mulattiere dalle discese di questo antico mezzo di trasporto si colgono le vicende più autentiche fatte di lavoro e di fatica, le tracce di storia e di cultura. Un mezzo ormai scomparso, elemento di un mondo di lavoro e di tradizioni nel quale l’uomo era in grado di adattarsi all’ambiente, creando una cultura materiale capace di rispondere alle sue quotidiane necessità.
Questo veicolo del mondo rurale era costituito essenzialmente da un piano di carico collegato ad una coppia di robusti pattini arcuati per mezzo di montanti e traverse secondo schemi costruttivi che rispondevano alle diverse tradizioni locali. Queste slitte dovevano essere solide ed elastiche per consentire il trasporto di grosse quantità di materiale adattandosi alle irregolarità del percorso, ma anche leggere per portarle in salita a destinazione.
La “lesa” è simile ad una slitta, le sue due parti fondamentali sono i pattini (i “levioùn” in francoprovenzale), somiglianti a due robusti sci di faggio (qualche volta anche di frassino o castagno), lunghi due metri, o poco meno, hanno il gravoso compito di strisciare sulle asperità del terreno percorso costituito da sassi, radici e terra e consentono i movimenti della slitta. La parte anteriore, variamente arcuata, è ottenuta per uso di tronchi con sviluppo a sciabola o per mezzo di operazioni d’intaglio. I montanti sono gli elementi che collegano e rialzano il piano di carico rispetto ai pattini. I montanti sono collegati da traverse con eventualmente dei longheroni in senso longitudinale. Sempre presenti i manici costituiti da elementi di diametro ridotto diritti o piegati, per la manovrabilità della slitta. Altro accessorio, non sempre presente, è il freno, la cui funzione è quella di non lasciar sfuggire in avanti la slitta quando si procede in una ripida discesa.
Il carico della slitta era generalmente fieno, legna, patate, pietre, letame ecc. tutto quanto era prodotto nei campi nell’ambito delle attività rurali. Il carico poteva essere di circa 3 quintali.

Parti componenti la lesa

Parti componenti la lesa

La legna da ardere veniva disposta longitudinalmente e legata alle traverse con corde.
Il fieno veniva trasportato con il telo da fieno legato agli angoli da formare un grande sacco, oppure si utilizzavano delle reti fatte di corde e portanti sui due lati più corti due bastoni che venivano legati assieme dopo che era stato avvolto il fieno. Il letame si trasportava con un contenitore di legno o fatto con salici intrecciati.
Il traino della slitta era compito degli uomini (i lèviatarou): aiutandosi con una corda legata ai primi due montanti e attraversante le spalle, prendevano i manici della slitta in mano e muovevano la slitta a strascico.
Nella prima parte del secolo scorso ogni famiglia abitante nei comuni di Mocchie e Frassinere aveva una slitta.
In una sala del museo etnografico di Mocchie (Condove) è esposta una antica “lesa” tipica della zona.

cerchioIl carro (ël carton, ël chèr, ël biròcc, ël tombarel in piemontese, lou cartoùn in francoprovenzale)

Un carro trainato a mano

Un carro trainato a mano

Se nelle borgate montane dell’ex comune di Mocchie la “lesa” era il mezzo di trasporto più usato a Condove essa era sostituita dal carro a due ruote trainato a mano oppure da animali (cavallo, bue o mulo), mezzo per il trasporto più frequente e le strade erano costruite in modo tale che potessero transitare senza danni. Per facilitare il movimento dei carri e diminuire l’attrito delle ruote sul piano stradale erano fatte con due guide di pietra disposte per il lungo delle strade e l’acciottolato al centro ed ai lati delle guide; anche sotto alcuni portoni la strada era fatta in questo modo.

Una strada con le guide in pietra

Una strada con le guide in pietra

I carri servivano per trasportare prodotti agricoli, merci, fieno e persone. Il guidatore del carro era chiamato il carrettiere (ël cartoné in piemontese) e tutti i Condovesi ricorderanno sicuramente Berto Peretti alla guida del suo carro. Attaccato al carro c’era sempre una lanterna per illuminare in caso di bisogno. Sul carro erano montate le “sponde”, a volte dipinte, più o meno alte a seconda della merce da trasportare.
Il mestiere del carrettiere comportava, poi, un complesso di attività e lavorazioni indotte: il carradore,il maniscalco, il sellaio.
Il carradore era colui che costruiva e riparava carri: la costruzione di questi carri richiedeva una grande conoscenza dei legnami per cui si utilizzavano varie essenze per costruite i vari organi del carro, conoscenze anche del ferro con cui si costruivano i cerchioni delle ruote (la ruota era in legno con attorno il ferro, battuto a caldo), l’articolazione del timone, il movimento del freno, gli accessori per l’attacco degli animali. Poi le ruote venivano montate al carro utilizzando vari strumenti.
Il maniscalco era l’artigiano che esercitava l’arte del pareggio e ferratura del cavallo e degli altri equini domestici (asino e mulo). L’arte del maniscalco si sovrapponeva in parte a quella del fabbro; i ferri venivano infatti forgiati al momento, e su misura, secondo le necessità dei cavalli.
Il sellaio, era un ricercato artigiano che costruiva le selle per i cavalli e tutti gli accessori per il tiro dei carri: la collana, il sellino e tutte le cinghie o corregge che costituivano i finimenti necessari per collegare l’animale al carro.
Esistevano tre tipi di carri: il primo era il calesse che veniva usato per fare passeggiate dalle persone benestanti; il secondo era il carro da lavoro che possedevano tante famiglie e serviva per i lavori agricoli; e il terzo era il carro da trasporto con cui lavorava il carrettiere, il quale si faceva pagare in base alla merce che doveva trasportare.
Il carro serviva anche per trasportare la bara del morto durante il funerale, in questo caso il carro funebre era diverso secondo la condizione sociale del defunto, venivano usati uno o due cavalli tutti bardati di nero o oro.

Carro funebre

Carro funebre

Nei tempi passati nei muri delle case si trovavano degli anelli di ferro infissi dove veniva legato il cavallo.
Il buon carrettiere conosceva bene il suo cavallo il quale, a modo suo, conosceva il padrone, le sue abitudini e le sue debolezze. Davanti a certe osterie il cavallo, senza richiamo, si fermava: un po’ di riposo o un po’ di biada o fieno da mangiare, mentre il carrettiere prendeva il suo quartino di vino. Alla sera, per il ritorno, avvicinandosi alla stalla, anche se stanco, il cavallo accelerava l’andatura.
Alla fine della giornata, se il padrone aveva bevuto più del solito (si diceva una volta “it bèive coma ‘n cartoné”) e si addormentava sul carro, non c’era alcun pericolo: il cavallo, con il suo istinto, tornava alla stalla.

Un carro a due ruote

Un carro a due ruote

cerchioLa corriera (la “coriera” in piemontese)

Nel periodo tra le due guerre mondiali per cercare di frenare lo spopolamento della montagna inizia la costruzione della carreggiabile Condove – Mocchie – Frassinere opera approvata il 25 maggio 1913 dal Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici, ma soltanto un ventennio dopo, poté essere ultimata parzialmente.
Nel 1930 fu raggiunta la frazione Giagli, nel 1932 fu la volta di Mocchie e nel 1935 Frassinere. Nel 1937 l’opera fu collaudata e la strada carrozzabile Condove Mocchie Frassinere divenne l’arteria stradale che oggi percorriamo in automobile ammirando le opere, quasi faraoniche per il tempo, realizzate con maestria, volontà e sacrificio.
Negli anni 40 fu istituito un autoservizio pubblico con corriera dalla stazione ferroviaria di Condove a Mocchie con fermate a Condove piazza Vittorio Emanuele II (attuale piazza martiri della libertà) Ceretto, Giagli, Pralesio e Mocchie gestito dalla ditta G. Rocci – Gagnor. La singola corsa dalla stazione a Mocchie costava lire 4,60 biglietto assolutamente costoso per l’epoca.

Il biglietto della corriera Condove Mocchie, la data sul bollo è 1941 (foto Roberto Cordola)

Il biglietto della corriera, la data sul bollo è 1941 (foto Roberto Cordola)

La corriera era un automezzo con una ventina di posti a sedere e una ampia capacità di carico sul tetto tramite una scaletta posteriore, molto utilizzata il mercoledì giorno di mercato.

La corriera degli anni 40 nella piazza di Condove

La corriera degli anni 40 nella piazza di Condove

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La corriera degli anni 50/60 nella piazza di Condove

Gianni Cordola

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