Lo sapevate…da dove deriva l’espressione “dé dël cul (sla pera)”? Letteralmente significa dare del culo (sulla pietra) ma è un detto popolare piemontese per indicare una persona (mercante, bottegaio, banchiere o altro) che non riesce più a far fronte ai creditori e dichiara fallimento.
Tutto ebbe inizio nell’antica Roma, una delle Leggi delle XII tavole autorizzava i creditori non soddisfatti a uccidere o ridurre in schiavitù il debitore moroso. Giulio Cesare sostituì questa Legge introducendo un nuovo tipo di pena condannando i debitori insolventi alla Pietra del vituperio. I debitori insolventi e i commercianti falliti subivano come pena una spietata pubblica esecuzione che, se non toglieva loro fisicamente la vita, annientava ogni dignità personale. Venivano condotti nel Campidoglio e, esposti al pubblico ludibrio denudati dalla cintola in giù e obbligati a cedere i loro beni (ai banditori d’asta) stando seduti a chiappe nude su una pietra. Seduti sulla pietra dovevano gridare ad alta voce cedo bona o cedo bonis (svendo tutti i miei beni) e per tre volte dovevano alzarsi e violentemente sedercisi di nuovo.
Nel Medioevo il condannato veniva appeso per le braccia con addosso solo la camicia e lasciato cadere per tre volte facendogli battere il sedere sulla pietra del vituperio. Si voleva raggiungere lo scopo di dissuadere il reo dalla reiterazione del reato, ma anche di informare i cittadini per proteggerli da una persona disonesta. Perciò era necessario che la punizione avvenisse in un luogo simbolico, altamente evocativo e molto frequentato, così che un alto numero di spettatori garantisse la massima pubblicità ed un elevato effetto frustrante. I convenuti, infatti, con il loro ridere e berciare erano parte integrante della pena stessa.
Tale pena, pur con sfumature diverse è durata sino al 1700. A Torino la pietra del vituperio era posta ai piedi della vecchia torre civica (demolita nel 1801 sotto il dominio napoleonico) all’incrocio della contrada di Dora Grossa, oggi Via Garibaldi, con via S. Francesco vicino al tribunale. Lì il condannato doveva calare le braghe e battere tre volte il sedere nudo sulla pietra dicendo “Cedo tutti i miei beni”.
Nel volume “Torino e le sue Vie” (ed. 1868) l’autore Giuseppe Torricella scriveva: “Ai piedi di questa Torre, non è molto tempo”, (venne infatti rimosso solo nel 1853), “vedevasi un pianerottolo coperto da una pietra, sulla quale si esponevano nei giorni di mercato e specialmente nel sabato, i condannati alla pubblica berlina. Altra stranissima costumanza ci rammenta questa pietra: i negozianti che facevano bancarotta erano costretti di sedersi e, più propriamente, di battere il nudo deretano sulla pietra in presenza del pubblico, che numeroso assisteva a questo scandaloso castigo”.
Da questa usanza umiliante sarebbero nati dei modi di dire come “essere con il culo a terra” e l’espressione “dare del culo”, e quelle piemontesi “a l’é andàit a dè dël cul sla pera”, “andé dël cul”, “esse col cul a tèra”, “bate ël cul sla pera”, e le varianti “andé a baron” o “andé a rabel”.
In Piemonte troviamo numerose notizie di questa pratica. Ad Asti la pietra del vituperio si trova ora appesa in verticale nell’atrio del Palazzo Comunale; ma un tempo era nel centro della piazza principale, sede dei mercati.
Aramengo (in provincia di Asti) fu per lungo tempo luogo di confino e soggiorno obbligato per i condannati di reati relativi al patrimonio, principalmente i fallimenti. Ed ecco il detto piemontese “andé a ramengo”.
A Canale la pietra era sull’angolo di Via Mombirone con Via Roma, detto ancora oggi dagli anziani: “canton dla ciapa grama”, cioé dove il condannato batteva le “ciape”. A Vinadio ancora esiste ai piedi del campanile. A Carignano si trova nella piazza porticata.
Il termine “pietra del vituperio”, tradotto in piemontese in senso ironico, è diventato “Pera culera”.
Gian dij Cordòla
Una tela di Olivero in cui si vede la punizione di un debitore insolvente ai piedi della vecchia torre civica di Torino
Incisione di G.B. Borra del 1749, entrata e prospetto della piazza di Porta Palazzo di Torino con sullo sfondo vicino alla contrada di Dora Grossa l’antica torre civica
Incisione di Ignazio Sclopis di Borgostura del 1775, veduta della strada di Dora Grossa di Torino (attuale via Garibaldi) dalla piazza del Castello; è visibile sul lato sinistro l’antica torre civica