Nel decennio precedente l’entrata in guerra dell’Italia, Condove conobbe diversi cambiamenti: inaugurazione della strada Condove Mocchie Frassinere, costruzione dell’ala per il mercato, del Dopolavoro, della caserma dei Regi Carabinieri, della Casa del Fascio a Mocchie, del villaggio Mussolini (noto come le villette), della torre dell’orologio, era l’apoteosi del fascismo. Mio fratello Ettore (classe 1930) mi raccontava che il 16 maggio 1939 vestito da balilla con tutte le classi scolastiche maschili e femminili e la quasi totalità dei Condovesi raggiunse la stazione ferroviaria di Condove per vedere e salutare il Duce che passava in treno destinazione prima Susa e poi Bardonecchia ad inaugurare la colonia IX Maggio (poi diventata colonia Medail). Euforia destinata a finire nel giro di breve tempo.
L’Italia entrò nel secondo conflitto mondiale il 10 giugno 1940. Alla fine del 1940 la situazione alimentare peggiorò velocemente e si manifestò una crisi dei generi di prima necessità. Pertanto in applicazione alla legge sul razionamento dei consumi, approvata il 6 maggio 1940, la distribuzione dei generi alimentari di più largo consumo a partire da ottobre, fu effettuata esclusivamente attraverso la carta annonaria già distribuite precedentemente. L’ammontare delle razioni individuali era fissato mensilmente dal ministro delle corporazioni. La tessera era personale e non cedibile, dava diritto a generi alimentari differenziati a seconda dell’età; provvedeva al rilascio l’ufficio annonario del comune di residenza. I generi alimentari dovevano essere prenotati in giorni prestabiliti presso i negozi, ne era vietato il commercio in qualunque altra forma.
Chi viveva in campagna, era un po’ più fortunato perché aveva di che vivere. Mentre in città esisteva la borsa nera. Dalle città con la bicicletta andavano nelle campagne e comperavano tutto quello che trovavano da questi contadini pur di avere qualcosa per andare avanti. E da lì è cominciata la famosa borsa nera, così si chiamava, non so se ne avete mai sentito parlare, è cominciata dal pane, e poi di tutti gli altri prodotti della terra.
Ecco, c’erano gli accaparratori che arrivavano in campagna e prendevano tutto quanto potevano raccogliere pagandolo e lo portavano in città, dove, con la tessera, non c’era nessuna possibilità d’averlo perché era tutto proibito, questi, quello che costava 10 lo vendevano per 30-50 o più, pagavi qualsiasi prezzo pur di poter continuare a mangiare qualcosa. Al giorno d’oggi si mangia bene ed in abbondanza, fino al punto di riuscire a buttare la roba da mangiare: nelle nostre mense si prendono addirittura, con un’ apposita raccolta differenziata, gli avanzi di cibo per poterli riciclare e riutilizzare. In collegio, si mangiava la minestrina dopo aver tolto gli insetti che galleggiavano; e per poter mangiare un pezzo di pane si accettava di bere l’olio di fegato di merluzzo. Oggi si selezionano le cose che piacciono di più tra le tante che ci vengono proposte. Se noi fossimo vissuti al tempo della guerra sapremmo che cosa vuol dire soffrire la fame e forse apprezzeremmo di più il benessere che ci circonda!
Tutte le volte che andavamo a comperare, tagliavano dalla tessera un pezzetto, un tagliando. Come i bollini, quelli che danno adesso al supermercato. La tessera ce la dava il Comune, staccavano il bollino ad ogni prodotto che tu acquistavi, il negoziante tagliava il pezzetto, e non avevi più diritto a comprare dell’altro, ecco, per quel giorno, per il pane un bollino, per il latte l’altro bollino, ecc. Si facevano le code per aspettare eh, non è che uno andasse lì a prendere il latte e glielo davano subito, si facevano delle code di ore prima che arrivasse il bidone del latte, e poi ce ne davano un quartino a testa, mica tanto di più. Sì, perché il latte non veniva distribuito come adesso con contenitori sterilizzati. Nel mestolo con cui si versava il latte, poi si metteva un po’ d’acqua per risciacquarlo e per aggiungerne, eh si, non si sprecava niente; tutto era necessario, perfino la carta e il cartone. Era mensile la tessera. E se finivi la tessera stavi senza. Non mangiavi più. Non avevi diritto ad acquistare altro. Ecco perché si andava fuori a rifornirci di altre cose, eh già! perché con la tessera era talmente poco che non poteva soddisfare le nostre esigenze. Quello che si poteva avere, si mangiava, quello che si poteva trovare anche.
Nella città di Torino il 7-1-1940 inizia la distribuzione delle carte annonarie, ed a ottobre inizia il tesseramento per olio, lardo, strutto e burro, seguito a dicembre da pasta, farina e riso. Per disposizione della prefettura il pane deve essere confezionato mischiando farina di frumento con farina di granoturco nella misura di 75 e 25 per cento (disposizione subito modificata il 3 dicembre 1940 con ordinanza del prefetto in cui dispone che il pane venga confezionato con il 75% di farina abburattata e cioè con una significativa percentuale di crusca, il buratto è l’arnese che serve a separare la farina dalla crusca). Nel mese di marzo del 1941 Il Podestà di Torino ordina la trasformazione dei parchi e giardini pubblici in campi coltivati a frumento e granoturco (chiamati orti di guerra). Dal 1-10-41 inizia il tesseramento del pane, la razione giornaliera è di 200 grammi a persona (scenderà a 150 grammi dal marzo 42).
Per acquistare i generi razionati occorreva avere la tessera annonaria da cui gli esercenti tagliavano i bollini giornalieri: chi non acquistava il pane il giorno fissato perdeva il diritto alla razione. La quantità di cibo che si poteva acquistare con la tessera continuò a diminuire, ad esempio in Piemonte, si aveva diritto a soli 600 grammi di pasta al mese, un chilo di riso e 400 grammi di polenta. Nel gennaio 1942 l’assegnazione settimanale di carne bovina era di 60 grammi per ogni abitante. Oltre alla quantità anche la qualità era insufficiente visto che il pane veniva impastato non più solamente con la farina di grano ma con ingredienti di vario tipo e spesso la merce che si trovava era avariata o di pessima qualità. Gli anziani ricordano bene la mancanza dello zucchero, così come l’assenza del sale. Le famiglie per alcuni prodotti trovarono metodi alternativi: l’olio di oliva, considerato un lusso, venne sostituito da un olio ricavato dalla spremitura delle noci. Anche il caffè, che prima della guerra era un bene di comune utilizzo, venne sostituito con la cicoria o le ghiande, che venivano raccolte, tostate e quindi pestate fino a ricavarne una polvere, con cui si preparava un “caffè”.
A novembre dell’anno 1942 iniziano i grandi bombardamenti su Torino e comincia lo sfollamento dalla città. Nel giugno 1943 il prefetto di Torino emana ordinanza che vieta di uccidere i gatti per utilizzarne le pelli, il grasso e la carne. Questo perché la rarefazione dei gatti ha causato un aumento del numero dei topi. Alle ristrettezze alimentari, sempre più gravi, si dovevano aggiungere quelle causate dalle requisizioni che lo Stato attuava per affrontare le spese belliche. Con una legge del 8 maggio 1940 era anche stato istituito l’obbligo di denunciare le cancellate metalliche delle proprietà comunali o di altri enti pubblici perché il regime aveva bisogno di questo metallo. Oltre a questo metallo durante la guerra furono raccolti rame, zinco, ed ogni tipo di materiale utile alle esigenze belliche, così come era avvenuto per la raccolta delle fedi nuziali dopo le sanzioni comminate all’Italia in seguito all’invasione dell’Etiopia. In quei tempi molti utensili erano di zinco o di rame: i secchi per l’acqua, le pentole, i catini, i paioli di uso quotidiano vennero requisiti con grande disagio per la popolazione.
Il 29-6-44 parte da Torino Porta Nuova il primo convoglio con circa settecento uomini rastrellati prevalentemente in Valle Susa e diretto in Germania per il lavoro coatto. In uno di questi convogli partì mio padre Cordola Anselmo preso nella montagna Condovese il mercoledì 28 giugno 44, portato in Germania a Mannheim e successivamente a Francoforte ritornò a Condove dopo la fine del conflitto nell’agosto 1945. Il mese successivo e precisamente il 24-7-44 in una delle ultime incursione aeree su Torino cadono sotto i bombardamenti i miei zii Cordola Ettore e Cordola Maria.
Gianni Cordola