Percorrendo l’autostrada della valle di Susa in direzione delle montagne, giunti ai piedi della Sacra di San Michele vediamo sulla destra ergersi i suggestivi ruderi del Castrum Capriarum (Castello di Caprie) il meno conosciuto tra i castelli della Valsusa e deve questa sua scarsa notorietà al fatto che una tradizione locale di fine Ottocento lo ha attribuito a Condove, nel cui territorio si trova realmente, denominandolo pomposamente “del Conte Verde”, ritenendolo un castello comitale.
Il castello di cui restano pochi ma imponenti ruderi la cui conservazione è però minacciata dall’esplosione delle mine della vicina cava di pietrisco, sorge su uno zoccolo roccioso tra Caprie e Condove alla sinistra della Dora Riparia non lontano dalla strada romana, forse gallo-romana, della quale vi sono vestigia tra Caprie, Novaretto e Torre del Colle e che correva lungo il margine nord della piana acquitrinosa. Roccione che ha avuto una sua indubbia importanza strategica nel complesso delle chiuse longobarde col nome di vico Cabrio, perchè situato proprio di fronte al campo di battaglia nel quale si scontrarono gli eserciti dei Franchi di Carlo Magno e dei Longobardi di Desiderio nel 773.
Quei ruderi sono la residua testimonianza del medioevale Castrum Capriarum, importante complesso fortilizio e centro della castellania abbaziale benedettina di S. Giusto di Susa che comprendeva parte delle terre di Capriarum e Condoviarum (Condove) oltre a quelle montane di Mochiarum (Mocchie) e Fraysineriarum (Frassinere) ed era considerato uno strategico riferimento in opposizione al monastero di San Michele della Chiusa.
Quindi il Castrum Capriarum nasce come centro signorile e luogo di coordinamento del territorio circostante e ha carattere difensivo solo in modo secondario, sede di un castellano dipendente dall’abate di S. Giusto di Susa, che deteneva il potere fin dalla fondazione dell’abbazia nel 1029. Il castellano abbaziale gestiva i rapporti con le comunità del territorio, riscuoteva le numerose tasse che gravavano sulla popolazione, acquisiva tutti i proventi di origine pubblica ma anche gli introiti fondiari che provenivano dalle aziende agricole di proprietà dell’abbazia, controllava le strade e quindi anche gli introiti legati ai pedaggi, e si occupava della bassa giustizia.
Più tardi quando il potere sabaudo era stabile e incontrastato, il governo territoriale si articolava secondo un modello di principato che deteneva il potere con le castellanie ed il Castrum Capriarum ne divenne sede. I castellani erano funzionari sabaudi inviati nelle diverse sedi per reggere il governo e l’amministrazione per un periodo definito. Essi amministravano la giustizia, riscuotevano le tasse, sorvegliavano i transiti e avevano responsabilità militari.
La menzione più antica è in un documento del 1287 contenente un elenco dei luoghi fortificati nei territori valsusini e il castello è ricordato, a differenza di altre opere definite semplicemente domus, accanto a quelli di Susa, Avigliana e Rivoli con il titolo di Castrum. Può risultare utile fornire una distinzione tra il Castrum e la Domus: il primo indica il castello mentre la seconda espressione nota talvolta come domus fortis o forcia si deve intendere come casaforte; in genere la distinzione viene fatta in base alla quantità di opere fortificate riscontrate presso la costruzione (nel castrum sono presenti in misura assai maggiore e complessa).
Altra menzione l’abbiamo nell’Archivio di Stato di Torino nel Registro delle cause criminali della curia di Caprie degli anni 1402-1406, ove sono i verbali processuali di un processo ad un eretico valdese tal Giovanni Sensi (giustiziato il 30 marzo 1403 in luogo non definito tra Condove e Caprie vicino al Castello) in cui compaiono i nomi del notaio Iohannes Brutini, autodefinitosi scriba della curia di Caprie, che ci informa essere posta nel castello della medesima città. Nelle carte emergono, come testimoni del processo, altre figure orbitanti nel territorio di Caprie: innanzitutto quella più importante, il castellano di Caprie Emanoel Bartholomei, che viene presentato come “nobilis vir”; e poi Petrus de Pertuxio plebano di Caprie, ovvero il sacerdote posto a capo della Pieve del luogo e infine il “locutenens” Iohannes Michael de Gribaudi de Querio vice castellano di Caprie. Viene anche citato un luogo detto Grangia, sotto il Castello di Caprie.
Sempre dall’Archivio di Stato di Torino (art. 706 par. 16 m. 17 reg. 16) leggiamo che ad aprile dell’anno 1409 il castellano di Caprie Emanoel Bartholomei convoca Jacobinus de Bruna e Petrus Bruni habitator Condoviarum accusati di aver trovato in un prato vicino alla Dora di proprietà dell’Abbazia di San Giusto di Susa un cofanetto contenente monete d’oro e di non averlo consegnato al castellano.
Il castello dall’aspetto rustico con una massiccia cinta muraria orlata di merli e torrioni di avvistamento e difesa svolgeva importanti funzioni giuridico-amministrative, era sede del tribunale e del carcere dell’abbazia segusina e vi risiedeva il castellano che vi raccoglieva censi e decime; intorno ad esso si estendeva una piccola unità fondiaria di cui S. Giusto curava la conduzione diretta. Un’opera fortificata minore della castellania è segnalata fin dal Duecento a Mocchie; di essa rimane traccia nella cartografia sabauda del sec. XVIII in due significativi toponimi: il Castellazzo e Rio del Castellazzo.La presenza dell’abbazia segusina fu così radicata e importante che solo dopo la soppressione della stessa i comuni furono infeudati: Condove al conte Chiaffredo Peyretti di Saluzzo, Mocchie ai Barali di Susa, Frassinere ai Bonaudo) ma furono signorie di poco conto e di breve durata, travolte dallo spirito della Rivoluzione francese e dall’arrivo delle armate napoleoniche.
Il castello di Caprie aveva l’entrata ad est protetta da un rivellino (rialzo in muratura eretto davanti alle porte per proteggerle dagli attacchi), mentre la cinta seguiva il ciglio del roccione. Dall’esame dei ruderi rimasti troviamo riferimenti alle sue strutture medievali ora scomparse: torri angolari, magazzini e stalle. All’interno vi erano due edifici: uno dove sorge l’attuale chiesetta detta Madonna delle Grazie o anche del Castello (sec. XVII-XVIII), mentre l’area residenziale era costituita da un robusto edificio rettangolare che si estendeva in più piani sullo strapiombo roccioso del lato sud. Appaiono inoltre evidenti tracce di costruzioni all’estremità ovest del lato nord. Nel Millesettecento l’opera doveva già essere in parte dismessa e appare come Castellasso nella carta della Valle di Susa; decadenza determinata dal sopravvenuto uso di affidare la castellania e i suoi edifici a persone che ne trascuravano la manutenzione e non conservandogli quelle funzioni conosciute in età medioevale.
Di notevole interesse geologico è la presenza nello spiazzo erboso racchiuso dai ruderi del castello di un masso erratico, un grosso blocco roccioso caduto per frana sulla superficie del ghiacciaio quaternario valsusino e da questo trasportato più a valle sino al dosso dove fu eretto il castello. Altri massi sono stati trasportati sul Truc Le Mura sul versante sinistro della valle. Su un lato del masso è stata recentemente scolpita la scritta: “SU QUESTO DOSSO ROCCIOSO PLASMATO NEI MILLENNI DAL GHIACCIAIO QUATERNARIO VALSUSINO CARLO MAGNO RE DEI FRANCHI SOSTÒ COI SUOI CONDOTTIERI NEL 773 D.C. DOPO LA BATTAGLIA DELLE CHIUSE D’ITALIA CHE POSE FINE AL SECOLARE REGNO DEI LONGOBARDI E SEGNO’ L’INIZIO DEL SACRO ROMANO IMPERO”.
Una leggenda contribuì all’errata attribuzione di “Castello del Conte Verde”. Essa narra di questo Conte Verde (Amedeo VI di Savoia 1334/1383) signore del Castello di Caprie che, promesso sposo di una nobildonna, dovette partire per la guerra in Oriente. Se ne andò e la futura sposa durante la sua assenza si innamorò perdutamente di un cavaliere della corte; visse questa storia meravigliosa con quest’uomo anche se soffriva terribilmente il fatto di sapere che comunque lei era destinata a sposare il Conte di cui non era innamorata. La guerra finì ed il Conte ritornò al castello e presto informato dai cortigiani di questo tradimento fece rinchiudere la promessa sposa col suo amante in una segréta del castello, e lì fu lasciata morire insieme a lui. Ancora oggi si racconta di queste persone che vivono nei dintorni di questo castello, che ormai è un rudere, e si racconta che questi fantasmi aleggino e si muovano nei dintorni creando un alone di magico mistero. Come tante leggende anche questa non ha alcun fondamento storico, il Conte Verde ha combattuto in Oriente contro Bulgari e Turchi ma non ha mai vissuto in questo castello e la fantasia popolare ha fatto il resto.
Riferimenti bibliografici:
Patria E. & Patria L. (1983) Castelli e fortezze della Valle di Susa – Ed. Museo della montagna “Duca degli Abruzzi” CAI Torino