Il cesso o gabinetto è il luogo deputato all’espletamento dei bisogni fisiologici. Ai giorni nostri cesso è una parola considerata sinonimo di un qualcosa di sgradevole e volgare, è usato anche come insulto per indicare qualcosa o qualcuno di decisamente brutto. Il termine cesso, per indicare il gabinetto, in realtà ha un’origine neutra: deriva dal latino “secessus”, che significa appartato, perché originariamente era sempre lontano dall’abitazione.
Quando ero bambino ancora molte case, sia in paese che nelle borgate di montagna, non avevano il bagno (allora era considerata una cosa da ricchi) ma solo il cesso, stava all’esterno della casa nel cortile e tante volte era unico per tutte le famiglie che ci abitavano. Era un localino quadrato chiuso alla meglio, con uno scalino col buco dove si stava accucciati, non era propriamente igienico, soprattutto d’estate quando giravano mosche, mosconi e vermetti. Chi doveva andare in bagno durante una notte fredda e piovosa, oltre che munirsi di ombrello doveva anche vestirsi per non prendere una polmonite.
La carta igienica è notoriamente un’invenzione piuttosto recente, quando io ero piccolo si usavano fogli di giornale tagliati nel giusto formato e appesi a un chiodo o raccolti in apposite cassette di legno. Mi avevano insegnato, in caso di bisogno, a stropicciare il pezzo di carta prima di usarlo per renderlo più morbido e meno scivoloso. Apparentemente tutto funzionava abbastanza bene, a parte il fatto che l’inchiostro della stampa di allora non era indelebile per cui era talvolta causa di una presumibile tinteggiatura delle parti interessate, spiacevole da pensare anche se non visibile. Poi venne la consuetudine della carta velina e infine della carta in rotoli. È chiaro che anche le cose più banali hanno una loro storia ed un’evoluzione tecnologica. Il cesso poi lo si risciacquava ogni tanto con un secchio d’acqua.
Prima ancora la gente andava nelle stalle e si puliva con le foglie, meglio se quelle larghe. Tutto faceva da concime per la campagna. Del resto una volta non c’erano i giornali e la carta si utilizzava per altre cose e aveva il suo costo. I cessi scaricavano nei pozzi neri fatti in maniera da poter togliere ogni tanto il grosso con un secchio e concimare l’orto. Quando poi si riempiva, si svuotava a mano o con l’intervento di un trattore con pompa aspirante che poi andava a disperdere il liquame nei campi come concime.
In campagna, dove poteva capitare di avere l’impellente necessità di abbassare i pantaloni il problema non si poneva proprio, in quanto la prassi prevedeva l’uso detergente di foglie larghe, morbide se sapientemente usate dalla parte giusta, ed ovunque disponibili.
Per quanto riguarda il letame, c’è da dire che allora era una cosa preziosa e nessuno si schifava, c’era addirittura chi aspettava che la mucca facesse i suoi bisogni per raccoglierli immediatamente. È vero che i paesi profumavano di stalla ma era una cosa naturale e la gente non aveva la puzza sotto il naso del giorno d’oggi e nessuno faceva caso alla fragranza.
Nelle città, siccome c’erano condomini di quattro o cinque piani e scendere ogni volta che si aveva bisogno era una bella stancata, col rischio poi di non arrivare in tempo, si costruivano gabinetti di ringhiera; uno o due, in base al numero di famiglie, in fondo al balcone. Un’usanza che poi si è diffusa anche nei paesi dove in un cortile si potevano vedere balconi con due cessi alle estremità, altri appesi ai muri, scavati nelle pareti, che a volte erano bugigattoli da starci a fatica. I tubi di scarico erano in bella vista e scendevano fino a terra in un pozzo di raccolta da svuotare periodicamente.
Di notte si usavano i pitali, che si tenevano sotto il letto o nei comodini. Ce n’erano di vari tipi e misure: di ferro o di latta, per norma smaltati di bianco magari con un bordino colorato; i signori avevano quelli in ceramica, più costosi da usare con attenzione per non romperli. Di seguito sono arrivati anche quelli di plastica, ma intanto avevano cominciato a fare i gabinetti in casa. I primi a usarli hanno ricevuto molte critiche; non era un lavoro da fare perché si pensava che la puzza rimanesse in casa.
La carta igienica l’hanno inventata gli americani e da noi è arrivata solo intorno agli anni sessanta quando hanno cominciato a mettere le fosse biologiche e coi giornali si rischiava di intasarle. Si usava con parsimonia perché aveva un costo.
Gianni Cordola