Attorno al camino

Chi non è stato almeno una volta intorno ad un fuoco dalle fiamme vive e guizzanti? In campeggio o nella casa di campagna? Il fuoco è un luogo evocativo che ispira la gioia e il piacere del ritrovarsi insieme. Più di centomila anni fa gli uomini già avevano acquisito la capacità di controllare il fuoco, mantenendolo acceso e impedendo che si propaghi. Fu un punto di svolta nell’evoluzione culturale dei primi uomini, e consentì loro il controllo di una fonte di luce e calore. In particolare, tale scoperta permise la cottura dei cibi, l’espansione in climi freddi, lo sviluppo dell’attività umana nelle ore notturne, la protezione dai predatori e la costruzione di migliori utensili per la caccia e le altre attività.

Ma oltre a questo aspetto utilitaristico, il fuoco aveva poi un aspetto sociale. Sedersi attorno al falò significava per i nostri antenati, socializzare elaborando contenuti etico-spirituali. La sera davanti al fuoco si svolgevano cerimonie, si raccontavano storie, si cantava, si danzava. Una volta nei conventi c’era il cosi detto “fuoco comune”, quando di sera i frati si radunavano davanti al camino per un momento di svago e di fraternità. Il “fuoco comune” rimane nell’immaginario collettivo il luogo domestico per eccellenza che richiama l’intimità e l’affetto della famiglia. Ieri come oggi davanti al fuoco di un caminetto si lasciano fluire i pensieri e l’immaginazione, ci si rilassa e ci si riscalda alla viva fiamma della comunione e della condivisione. Intorno al camino c’era tutta la vita familiare: ci si scaldava, si cucinava, si recitava il rosario, si parlava, si ascoltavano le storie dei nonni, si raccontavano le fiabe ai bambini, c’era il passato, il presente e la speranza del futuro.

Bisognava alimentare quel fuoco, era un’incombenza importante. In alcuni paesi quando un figlio si sposava, prendeva un tizzone acceso dal focolare della propria famiglia e con esso accendeva il camino della sua nuova casa: un passaggio di testimone importante e denso di significato.

Se consultiamo un dizionario della lingua italiana, alla parola “fuoco” troviamo, tra le varie definizioni, anche quella di “nucleo familiare”. Mio nonno per capire quante persone abitavano in una borgata non conosciuta contava i comignoli: il camino era necessario per il riscaldamento e per cucinare, non mancava mai nelle abitazioni e nel contare calcolava che ad ogni camino ci fosse una comunità di 4 o 5 persone.

Per chi lo abbia sperimentato almeno una volta nella sua vita il fascino del camino è ineguagliabile, tanto più quando esso diventa sede e strumento di iniziative famigliari o sociali. In realtà esso è il risultato di un’evoluzione notevole rispetto all’antico focolare situato al centro della stanza in cui si viveva durante il giorno.

Il camino moderno, come lo conosciamo, nacque nel 1200, con la finalità di prevenire gli innumerevoli incendi, in più parti vennero promulgate leggi che imponevano la costruzione delle abitazioni in pietra. Da questo momento in poi ci si poteva permettere il lusso di non avere più l’ingombro del fuoco al centro dell’ambiente e di posizionarlo a parete con la possibilità anche di creare una canna fumaria vera e propria. È nato il camino moderno, così come lo conosciamo noi. Ci sono camini piccoli, altri grandi e profondi, camini monumentali nelle case patrizie e nelle grandi abbazie, intorno ad essi sono state costruite le civiltà.

È un’arte l’accensione del fuoco: legnetti piccoli, un ceppo più grande, la carta sotto a tutto, le pigne che danno profumo. La scelta della legna è importante, quella umida riempirebbe la stanza di fumo.

Oggi è raro avere il camino e anche chi ce l’ha difficilmente lo accende. Eppure le nostre famiglie possono ancora essere fuochi, riunendo intorno alla tavola parenti e amici. Il camino può essere accora acceso, metaforicamente, col nostro amore, la nostra amicizia, la nostra fratellanza. La nostra società è più che mai bisognosa di famiglie che tornino ad essere fuochi.

Gianni Cordola

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