La famiglia di una volta nella montagna Condovese

Tanto tempo fa, al Coindo e in tutte le borgate di Mocchie, prima del nascere dell’industria Società Anonima Bauchiero a Condove, la famiglia era composta da molti membri. Era costume che i figli maschi restassero tutta la vita all’interno della propria famiglia di origine mentre le donne, dopo il matrimonio, diventavano parte della famiglia del marito. In queste famiglie più generazioni vivevano insieme nella stessa casa, si partiva dai nonni ma a volte anche dai bisnonni e man mano i figli si sposavano generando altri figli (un minimo di quattro o cinque) la famiglia diveniva sempre più numerosa, ma tutti sottostavano all’autorità dei componenti più anziani che svolgevano dunque il ruolo di capifamiglia.

I maschi della famiglia e le donne più giovani che avevano l’età per lavorare si dedicavano ai lavori agricoli ed all’allevamento del bestiame per la sussistenza dell’intero nucleo famigliare. Le giornate iniziavano all’alba e terminavano a notte fonda, conoscevano bene l’alternarsi delle stagioni, ciò che preannunciava il temporale e quindi la necessità del darsi da fare, mentre capivano subito quando il tempo era favorevole, l’esperienza era condita dai proverbi e dai detti popolari. Si viveva di castagne, dei prodotti dell’orto, di una mucca, di qualche capra e del loro latte, della segala coltivata sulle fasce strette. Il bosco, certo: con la legna, i sentieri puliti come il letto dei torrenti e dei rii.

Le donne e uomini troppo anziani per lavorare nei campi si occupavano dell’orto, di piccoli lavori artigianali, della cura della casa e dei bambini raccontando loro storie e tramandando le usanze e tradizioni. A mezzogiorno rientravano in casa e tutti insieme prima di mangiare recitavano sempre una preghiera di ringraziamento. La preghiera e la religiosità rivestivano un ruolo molto importante nella famiglia di quei tempi. Anche alla sera quando terminava la giornata e tornavano dai campi e dalle varie attività si ritrovavano seduti attorno al camino. Ieri come oggi davanti al fuoco di un camino si lasciano fluire i pensieri e l’immaginazione alla viva fiamma della comunione e della condivisione. Intorno al camino c’era tutta la vita familiare: ci si scaldava, si cucinava, si recitava il rosario, si parlava, si ascoltavano le storie dei nonni, si raccontavano le fiabe ai bambini, c’era il passato, il presente e la speranza del futuro.

La ricchezza delle famiglie dipendeva dalle risorse possedute che recavano i profitti grazie alla loro vendita: poteva trattarsi dei frutti della terra, dei derivati del latte, di manufatti artigianali a seconda delle attività svolte. Ogni famiglia, anche la più povera, possedeva un campo per seminare patate, mais e segale, e un orticello dove coltivare fagioli, pomodori, carote, insalata e cicoria. Inoltre ogni famiglia possedeva un’estensione di prato più o meno vasta la cui erba serviva come foraggio per gli animali e sulla quale spesso crescevano spontaneamente alberi da frutto che in questo modo divenivano proprietà della famiglia.

Tutti questi prodotti erano a uso famigliare, ma qualche volta una parte di essi era venduta al mercato per ricavarne un piccolo profitto. Per poter vendere i prodotti, bisognava caricarseli in spalla nelle gerle e andare a piedi fino al mercato di Condove oppure a volte anche più lontano. Castagne e noci erano sfruttate maggiormente dai più poveri che avevano messo a punto metodi per poter conservare grandi accumuli di questi frutti senza che, col tempo, venissero assaliti dai vermi. La raccolta veniva fatta esclusivamente nel proprio terreno; nessuno osava raccogliere le castagne nella proprietà altrui, perché, colti sul fatto, si veniva allontanati con rimproveri e minacce o, addirittura, a sassate. Per conservarle a lungo le castagne venivano messe a seccare nel solaio oppure essiccate all’interno delle abitazioni, utilizzando lo stesso focolare che serviva per cucinare i cibi e scaldare la casa.

Niente veniva buttato: le castagne buone erano nutrimento per l’uomo diventando pane, polenta, castagnaccio, caldarroste, ecc. quelle guaste per gli animali, le scorze si usavano per alimentare il fuoco, le foglie come lettiera per il bestiame nelle stalle; i ricci marcendo sarebbero diventati concime per gli alberi.

Con le noci invece quando non venivano anch’esse consumate come frutto, venivano utilizzate per ricavare olio con cui alimentare le lampade, a quel tempo non c’era ancora la corrente elettrica al Coindo.

Le famiglie di una volta vivevano nella semplicità di una società laboriosa, solidale e sostanzialmente buona ed onesta ma erano perennemente tormentate dalla fame e insidiate dall’arretratezza igienica, dalla scarsità di medicine, alla mercé di malattie che dilagavano e non concedevano scampo, che falciavano i bambini con le malattie infantili e la difterite, e distruggevano gli adulti con la polmonite.

Siamo portati a guardare al nostro passato con orgoglio, con soddisfazione, in qualche caso con nostalgia, ma non dobbiamo avere rimpianti. In quel tempo si aveva l’ansia di liberarsi da una condizione di miseria, dalla fame e da una vita dura e sacrificata. Quindi dobbiamo avere più fiducia nei tempi attuali ed essere felici del benessere generale delle famiglie d’oggi e delle molteplici possibilità e comodità della vita moderna, come pure della longevità che ci consente.

Gianni Cordola

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