Il Padre Placido Bacco cappuccino nacque in Giaveno il 18 aprile 1808 e morì in Torino il 19 maggio 1879, (tumulato nel convento dei frati cappuccini Madonna di Campagna di Torino distrutto durante il bombardamento dell’8 dicembre 1942 e ricostruito nel 1949).
Per circa 40 anni si dedicò con perseveranza e tenacia allo studio della storia di Avigliana e Susa. Fu un protagonista delle antichità valligiane, pur disponendo di pochi mezzi, li impiegò tutti a beneficio dell’archeologia di cui era appassionato; percorse la valle di Susa, cercò e rinvenne oggetti che erano stati per secoli sepolti, restituendoli alla luce. Non era considerato un esperto di antichità né tanto meno un epigrafista, ma un solerte e sincero raccoglitore di pezzi antichi, geloso delle proprie scoperte e troppo convinto della propria cultura.
“Sin dalla più tenera età spinto mi sentii ad erudirmi del nostro bel Piemonte, segnatamente della parte più occidentale: nel divisarne la storia facevo tempo alle tradizioni conformandole ai documenti e ai monumenti che per lo spazio di anni Quaranta circa andava discoprendo a destra e a sinistra della Dora da Avigliana alle cime di Susa”, così scriveva il cappuccino nell’introduzione di un manoscritto conservato presso la Biblioteca Civica di Susa, importante per il ricco corredo di immagini che presenta.
In Malano regione di Avigliana a partire dal 1858 il cappuccino Placido Bacco individuò il sito di “ad Fines Cotii” ovvero “ai confini di Cozio”, la stazione dove veniva riscossa la “Quadragesima Galliarum”, lavorò in solitudine scavando l’ampio recinto del tempio delle Dee Matrone portando alla luce alcuni dei più significativi reperti scultorei ed epigrafici della romanità piemontese: dal cippo di Acestes, dove le Matrone danzano, le braccia allacciate in catena, al bassorilievo del prigioniero, dalle ceramiche ai vetri colorati e alle anse, alle fibule, alle borchie in bronzo, alle monete d’oro e di rame.
Gran parte delle sue preziose scoperte sono custodite nel Museo Archeologico di Torino e Museo di Susa nel Castello della Contessa Adelaide.
Insigni personaggi, archeologi, amatori e protettori delle scienze, lo incoraggiarono e lo coadiuvarono nelle sue ricerche archeologiche. Fra costoro il Conte Valperga di Masino, il Comm. Filippo Galvagno, l’illustre geologo Prof. Bartolomeo Gastaldi, S. E. il Conte Federico Sclopis, ed infine la Società di Archeologia di Torino.
I risultati della passione di padre Bacco per le antichità della Valle di Susa, trasferiti in centinaia e centinaia di pagine manoscritte, costituiscono una documentazione di prima mano perché presentano il valore d’una testimonianza diretta ed unica pur se redatti mescolando alla scienza anche un po’ di fantasia con l’aggiunta di qualche infelice interpretazione storica. Sono conservati nella Biblioteca di Susa questi manoscritti:
- Avigliana – Santuario, Dissertazione, Miscellanea: contenente 387 facciate scritte in foglio, dell’anno 1864
- Avigliana ed il Regio Santuario: opera critico-storica contenente 476 facciate in foglio, dell’anno 1865
- Avigliana ed il Regio Santuario: opera critico-storica contenente 438 facciate in foglio, dell’anno 1868
- Cenni storici su Avigliana e Susa: contenente 266 facciate scritte, dell’anno 1876, in cui c’è la storia e stemmi di 74 famiglie Segusine e 408 Aviglianesi
La direzione della Biblioteca civica di Susa comprò dagli eredi parte dei suoi manoscritti, e deliberò nella seduta del 25 maggio 1879 di iscrivere nell’albo dei benemeriti il nome di Padre Placido Bacco, per dare una testimonianza di riconoscenza a chi nel silenzio della sua umile cella tanto aveva fatto per illustrare la storia della valle di Susa.
Gianni Cordola