L’evento principale della domenica nella vita del paese era la partecipazione alla messa. Delle due funzioni liturgiche, la prima si svolgeva al mattino presto, la seconda era quella più solenne, celebrata nella tarda mattinata cantata dal popolo con o senza l’accompagnamento dell’organo. La chiesa parrocchiale era in quel momento un punto di riferimento anche per i non credenti, perché alla messa comunque si andava. Il dissenso, o quanto meno l’indipendenza di giudizio, che contagiavano però i soli uomini, venivano manifestati da pochi con l’assenza, da molti con una temporanea uscita dalla chiesa durante la predica, quando Don Bruno sfoderava le sue esortazioni ad aprire le porte del cuore a Cristo e criticava alcuni comportamenti vigenti in paese. Era consuetudine vestirsi per l’occasione con gli abiti migliori, detti appunto della festa. Era segno evidente che gli abiti da lavoro non erano ritenuti appropriati, ciò che non riguardava però soltanto la partecipazione alla liturgia parrocchiale, ma si estendeva anche agli altri eventi sociali tipici delle giornate festive, facendo della domenica un giorno del tutto particolare. Al pomeriggio il canto dei Vespri, a cui però partecipava molta meno gente che alla messa: in pratica, oltre al sacrista ed i chierichetti, erano presenti poche altre pie, devote e affezionate persone. A quell’ora la maggioranza degli uomini del paese era all’osteria a giocare a carte o semplicemente a bere un bicchiere di vino. I più sportivi erano invece impegnati nel gioco delle bocce ai campi della bocciofila.
Le campane a quei tempi erano suonate a mano, tirando i canapi che giungevano fino al fondo del campanile: questa circostanza offriva la divertente opportunità, quando la campana era in movimento, di attaccarsi saldamente alla corda e di lasciarsi momentaneamente sollevare nel ventre del campanile al ritmo del suo dondolio. Non erano certo voli di grande entità, ma il fatto di librarsi in aria dava una piacevole sensazione di leggerezza, quasi si fosse trattato del volo trattenuto di un aquilone.
Il parroco oltre alla celebrazione delle Messe nei giorni festivi celebrava anche una messa feriale, inoltre faceva visita ai fedeli nelle borgate e impartiva lezioni di catechismo agli alunni della scuola. Le giornate erano scandite dal suono delle campane: all’alba, a mezzogiorno e al pomeriggio per i Vespri. I parroci in occasione delle celebrazioni della Pasqua, ponevano particolare attenzione ad accostare i fedeli alla Comunione. Allora vigeva il precetto del digiuno di cibo e di bevande dalla mezzanotte precedente l’atto della Comunione, per cui molti frequentavano la Messa, ma non ricevevano la Comunione. Notevoli le funzioni della Settimana Santa. I suoi riti occupavano molte ore della giornata, con un particolare coinvolgimento emotivo di persone di tutte le età. I ragazzi con speciali strumenti di legno (le raganelle), potevano e dovevano fare un gran baccano, rappresentando le forze del male, mentre le campane erano legate (ferme), il giovedì e il venerdì santo. Molto attesa la benedizione Pasquale delle case con particolare riguardo per le stalle e gli animali; il prevosto di Laietto doveva inerpicarsi fino alle più sperdute borgate e alpeggi d’alta montagna. È diventato aneddoto quanto capitò all’alp Anselmetti verso il Collombardo. Il prete Don Giovanni Battista Margaria, priore di Laietto dal 1902 al 1938, era stanco e anche se vicino all’alpeggio non se la sentiva più di salire e allora gridò al margaro che di lassù l’attendeva: “Ehi! Ti posso benedire di quaggiù”. Al che il margaro alzando in alto una bella toma gli gridò di rimando: “Va bene, ma questa puoi anche vederla di laggiù”. Le processioni costituivano accanto alle celebrazioni di Pasqua, il punto di forza della vita religiosa, solo la Parrocchia di Mocchie ne contava circa venti. Tante borgate avevano una cappella coi suoi Priori impegnati in prima persona nelle feste religiose e nelle processioni oltre che nella distribuzione del pane della carità.