La memoria mi permette di ricordare episodi dell’infanzia e adolescenza che compongono la trama della mia vita: oggi mi è tornato in mente come negli anni Cinquanta del secolo scorso avevo imparato ad andare in bicicletta.
Abitavo alla contrada dei Fiori di Condove luogo non proprio ideale per imparare a pedalare in bicicletta non essendo terreno pianeggiante inoltre un’unica bicicletta molto pesante, grande per la mia età e senza rotelle laterali era disponibile in casa. La stessa su cui avevano già imparato i miei fratelli maggiori Mario e Giorgio negli anni precedenti.
Fin dall’età di 6 o 7 anni, desideravo fortemente imparare ad andare in bicicletta, ma avevo grosse difficoltà a tenermi in equilibrio, contavo sull’appoggio dei piedi e di muri per tenermi e chiedevo spesso a mio fratello Giorgio continue lezioni su come guidare la bicicletta, ma nonostante i suoi consigli non riuscivo lo stesso a stare in equilibrio. Portavo la bici a mano spingendomi con i piedi per terra fino al pilone del vicolo dei Fiori e mi lanciavo in quella leggera discesa verso le case del vicolo senza mettere i piedi sui pedali per poi svoltare a sinistra verso il nostro cortile.
Provavo a rallentare non con il freno posteriore, come mi avevano insegnato ma coi piedi, ma prendevo troppa velocità e non piegavo abbastanza il manubrio. Mio fratello corse così a ripescarmi contro il muro, dove ero volato scivolando in quella curva. Ne uscivo con le gambe che andavano a fuoco per le sbucciature. Fortunatamente a quei tempi non c’erano automobili dovevo solo stare attento alle persone che uscivano da casa.
Dopo giorni di continui tentativi e diverse cadute finalmente ero riuscito a stare in equilibrio sulla bici e il meccanismo dell’equilibrio era diventato qualcosa di mio, inoltre riuscivo a far girare i pedali come lo avevo visto fare dagli altri. Entusiasmante è stata la scoperta dei freni, un gran risparmio di suole, perché molto spesso non riuscivo a frenare ed andavo a sbattere contro gli ostacoli che trovavo lungo la strada.
Mio padre, sul finire degli anni Cinquanta quando già frequentavo la scuola di Avviamento Professionale, mi regalò una bicicletta gialla con tanto di cambio posteriore e campanello posizionato sul manubrio ed io mi divertivo a suonarlo, lo suonavo soltanto per ascoltare il suo suono. La fece comprare da mio fratello Lino di 12 anni più grande di me in un negozio di biciclette a Porta Palazzo di Torino e poi da lì fece il tragitto in bici sino a Condove.
Col passare del tempo imparai benissimo ad andare in bicicletta dopo aver superato le prime difficoltà infantili, mi lanciai in escursioni nei paesi vicini. Mi ricordo quando volevo imparare a andare senza mani, giù per una discesa, ricordo che cadevo e che l’asfalto era duro e che mi sembrava impossibile, andare senza mani. E quando mi buttavo giù dalla strada per Mocchie, mi sembrava che la piazza mi venisse incontro.
Altri ricordi di quand’ero un ragazzino, a Condove: vedevo passare le processioni dei funerali, e ogni uomo portava a mano la propria bicicletta, una persona e una bicicletta, una persona e una bicicletta. Poi il gelataio con il triciclo frigorifero che veniva a vendere i gelati nella piazza. Aveva un gelato alla banana che non avevo mai mangiato, e la sua bici frigorifero mi sembrava bellissima.
Gianni Cordola