Il mio ricordo del Natale

È dicembre e tra pochi giorni arriverà il Santo Natale e per quelli della mia età, nati alla fine degli anni 40 questa era la festa religiosa più importante dell’anno, perché ricordava la nascita di Gesù Bambino portatore nel mondo di pace, gioia e amore. Per me questa festa è un tuffo nel passato quando la ricorrenza veniva vissuta necessariamente in forme diverse per gli scarsi mezzi economici a disposizione delle famiglie. Sembra incredibile pensare che, sessant’anni fa, le cose erano totalmente diverse, anzi, proprio l’esatto contrario: il Natale era una festa esclusivamente religiosa e vissuta in maniera più intensa e partecipata di quanto non lo sia oggi. Dai miei ricordi si può compiere un affascinante viaggio fra usanze e tradizioni che oggi vengono riscoperte e riportate in vita.

A Condove e sicuramente nella quasi totalità della Valle di Susa negli anni 50 si faceva il presepe e non l’albero di Natale. Era tradizione in tutte le famiglie, fare il presepe ma per realizzarlo veniva utilizzato materiale povero e naturale e veniva preparato per tempo; infatti nei giorni precedenti il Natale coi fratelli più grandi andavamo nei boschi a raccogliere il muschio, licheni, corteccia d’albero e pietre per il presepe.

Muschio

Le statuine del presepe non erano di plastica; spesso erano di legno o di argilla; altre volte erano di carta, ritagliate anche dai noi bambini. Le casette erano fatte di legno o di paglia, usavamo la ghiaia per fare le strade e la carta blu dello zucchero per fare i ruscelli, era proprio una festa fare il presepe per noi bambini.

Presepe

Il presepe veniva realizzato anche nella Chiesa di San Pietro in Vincoli, all’asilo Perodo e nella scuola elementare del paese. Il presepe veniva costruito seguendo delle regole precise: la grotta con Gesù Bambino veniva posizionata sempre a sinistra cioè ad ovest o ponente mentre i Re Magi Gaspare, Melchiorre e Baldassarre sempre a destra.

I doni li portava Gesù Bambino durante la notte di Natale e i bambini li trovavano al ritorno della messa di mezzanotte o la mattina appena svegli; Babbo Natale arriverà solo alla fine degli anni cinquanta inoltre i doni in tante case non arrivavano a Natale ma alla Befana.

L’albero di Natale venne invece introdotto nei primi anni Sessanta: veniva fatto con rami di abete o altre piante sempreverdi legati assieme e decorati con mandarini, limoni, noci, castagne, pigne, frutta secca, qualche caramella e cioccolatino, biscotti preparati in casa, il giorno di Natale, poi, si mangiava tutta la frutta e i dolci che erano appesi.

Durante l’Avvento a Condove i ragazzi si riunivano nella Parrocchia per tutto il tempo che precedeva il Natale e intonavano i canti popolari della tradizione regionale, uno diverso dall’altro ma ciascuno con una sua particolarità, che narravano gli eventi della tradizione legati al Bambin Gesù, dall’annuncio a Maria, al viaggio a Betlemme per il censimento, alla nascita. Per le vie del paese cominciavano ad arrivare gli zampognari che andavano in giro per le case allietando con musiche caratteristiche del Natale; erano vestiti in maniera tipica, con maglioni in lana di pecora e non erano improvvisati: erano zampognari veri, di professione. Si tratta di una di quelle tradizioni che, cadute nell’oblio, vengono ora riproposte ai più giovani, con successo.

Zampognari

Durante la cena della vigilia si verificava un fatto che era specifico delle feste di Natale: prima della cena, sotto il piatto del Papà, i figli piccoli mettevano, di nascosto, una lettera dove si prometteva maggior impegno a scuola, maggior educazione in famiglia e si assicurava di volersi impegnare nello svolgere qualche lavoro. Le lettere venivano lette dal Papà e ascoltate con molta attenzione da tutti i commensali, seguiva la recita delle poesie imparate a scuola.

Dopo la cena ci si preparava per andare ad assistere alla messa di mezzanotte. Prima di uscire di casa la mamma furtivamente metteva un dono sul mio letto per me. Il dono (lo scoprii negli anni successivi) era il regalo per i figli dei dipendenti Fiat, ma al ritorno della messa ero convinto fosse passato Gesù Bambino.

Durante la messa, quando nasceva Gesù le campane squillavano a festa, e un avvenimento che contribuiva a creare l’atmosfera natalizia era il bacio al Gesù Bambino rappresentato da una statua in gesso a grandezza naturale posta davanti alla balaustra.

Questo momento emozionante era seguito da tutti coloro che partecipavano alla messa mentre la Cantoria di quel tempo intonava il famoso e antico canto natalizio “Tu scendi dalle stelle”, accompagnato da tutti i fedeli presenti.

Il pranzo di Natale era uno dei pochi giorni in cui si faceva festa concedendosi una deroga ai frugali pasti quotidiani. Il menù tipico del Natale era rituale: qualche fettina di salame crudo e cotto e poi a seguire il classico risotto al vino, la gallina arrosto con patate lesse bevendo vino rosso locale. La frutta secca chiudeva il pranzo. Il dolce natalizio non era il panettone ma le frittelle di mele.

Capodanno, negli anni cinquanta non vi era l’usanza di aspettare svegli lo scoccare della mezzanotte, perché il 31 dicembre era un giorno come tutti gli altri. Dagli anni sessanta, si è cominciato a riunirsi in famiglia, facendo qualche giocata a tombola, per aspettare l’anno nuovo, come oggi. E allo scoccare della mezzanotte era tradizione lanciare fuori casa una scodella o un piatto usurati in segno di cambiamento rispetto al passato.

La festa dell’Epifania rappresenta il ricordo dell’offerta dei doni dei Magi nella grotta di Betlemme: questi Magi erano sapienti che, guidati da una stella, arrivarono dall’Oriente per rendere omaggio a Gesù appena nato, offrendogli oro, incenso e mirra; successivamente vennero indicati come Re e ne vennero identificati tre, con i nomi Melchiorre, Gaspare e Baldassarre. La tradizione folkloristica ha affiancato la figura della Befana come distributrice di doni. L’usanza era di mettere sotto il camino o vicino alla stufa una grande calza per permettere alla Befana di riempirla di doni. Appena svegli al mattino correvamo in cucina a vedere la calza gonfia e traboccante di roba, era davvero una grande festa per noi che esplodevamo di felicità. Cosa c’era nella calza: mele, noci, mandarini, caramelle, qualche biscotto. Per i bambini più monelli veniva portato il carbone nero, un dolce che richiama in tutto la forma del carbone ed è composto prevalentemente da zucchero.

Oggi il Natale lo viviamo diversamente, ma non è il Natale ad essere cambiato, bensì è il cuore degli uomini che ha perso un po’ l’obiettivo, non si ha tempo più per nessuno, perchè si corre dietro ai regali, alle luci e al divertimento. Come avrete notato il consumismo attuale ha cancellato tutto ma non ha cancellato i piacevoli ricordi della mia infanzia.

Gianni Cordola, dicembre 2019

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