Giochi di una volta

Il gioco è l’espressione più autentica della cultura umana, è sempre “figlio del tempo” e si adatta al contesto sociale in cui si svolge. Il recupero dei giochi tradizionali rappresenta pertanto la riscoperta della propria storia, delle proprie origini e del senso di appartenenza. Il gioco stimola l’inventiva, la curiosità, la manualità, l’ingegno; con il gioco il bambino si adatta e si avvicina alla società degli adulti. In queste pagine prendiamo in esame i giochi degli anni cinquanta e sessanta nella montagna Condovese. Negli anni cinquanta questo era un territorio molto povero con un’economia legata quasi esclusivamente all’agricoltura. Anche qui, come in tutte le società povere, i bambini si costruivano da soli i loro giochi con i materiali che c’erano a disposizione e la fantasia diventava la materia primaria. I giochi si facevano prevalentemente per strada o nei tanti spazi che la natura concedeva, c’era il piacere di fare parte del gruppo di mettersi alla prova riuscendo a superare le difficoltà. Molti giochi hanno un fondo comune di tradizione, in quanto l’uno l’ha imparato dall’altro e spostandosi lo ha modificato e adattata al nuovo ambiente e alle nuove abitudini.

LA TROTTOLA

Un gioco umile, passatempo dei bambini era la trottola. Di legno, a forma conica, con in punta (estremità inferiore) un perno d’acciaio, attorno alla trottola viene avvolta, in modo da formare una spirale che va dalla punta di ferro alla parte più alta e larga, una corda che permette, nell’atto del lancio, di far ruotare la trottola. I ragazzi facevano vere e proprie competizioni per vedere chi riusciva a farla girare più a lungo. Molti ragazzi si procuravano il legno per la trottola e il falegname col tornio la creava . Il legno più pregiato era quello d’ulivo,mentre il faggio meno,per la sua fragilità. Anche a Condove alcuni ragazzi erano veri e propri giocolieri che riuscivano a far ruotare la trottola in ogni luogo; miei compagni di scuola, forse meno bravi sui libri, erano molto invidiati perché avevano un’abilità eccezionale, la loro trottola, una volta lanciata, riusciva a girare sulle mani, sulle ginocchia, sulle punte delle scarpe. Le modalità di gioco erano diverse ma la più comune consisteva nel disegnare un cerchio sulla terra battuta del diametro di circa 1,5 metri; lanciando la trottola in rotazione all’interno del cerchio, chi riusciva a far uscire la trottola del cerchio continuava il gioco. Se la trottola dopo aver girato si fermava dentro il cerchio gli altri giocatori si accanivano a colpirla con la loro. Ma se una trottola lanciata non riusciva a girare o ad uscire dal cerchio restava ferma a prendere i colpi delle trottole avversarie. Si scagliava la propria trottola su quelle ferme nel cerchio, facendo in modo che il perno, agendo come un trapano, spaccasse il legno. Il perno dello sconfitto rappresentava l’ambito trofeo. A volte succedeva che qualche trottola fragile si spaccava e quindi rabbia e lacrime del perdente e le risate degli altri, per non correre simili rischi si ricorreva a trottole di legno molto duro.


GIROTONDO

E’ un gioco molto semplice che si faceva nei cortili degli asili e delle scuole elementari. Vi Partecipavano molti (bambini e bambine) che formando un grande cerchio umano si tenevano per mano e cominciavano a girare in tondo sempre nello stesso verso. Si cantava la seguente filastrocca alla fine della quale ognuno si doveva sedere velocemente per terra: “Giro, giro tondo casca il mondo, casca la terra, tutti giù per terra”. Perdeva chi era l’ultimo a sedersi.

LE BIGLIE

Con le biglie si possono fare dozzine di giochi diversi. Il più conosciuto è quello della “tana” (la buca). Il gioco consiste nel colpire le biglie degli avversari diventandone proprietario. Prima di poterle colpire però bisogna far entrare la propria biglia in una buca (la tana) precedentemente preparata (di solito si sceglie uno spiazzo di terra dove si scava una buca del diametro di più o meno una spanna). Alla partenza, a turno, si tira la propria biglia, colpendola con il pollice o l’indice, e si cerca di entrare in buca. Quando uno riesce ad entrarci può, con un tiro successivo, mirare le altre biglie tirando la sua dal bordo della tana oppure verticalmente (il giocatore si pone presso una biglia avversaria qualsiasi e lascia cadere la propria biglia dall’altezza del torace). Se riesce a colpirla guadagna la biglia avversaria e continua il gioco, in caso contrario il gioco passa agli altri giocatori. Ad ogni tiro è concesso di spostare in avanti la propria biglia di una spanna.

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Biglie di vetro

PARI E DISPARI

E’ la versione per bambini della morra degli adulti. Si gioca in due e si può giocare ovunque al chiuso e all’aperto. I due giocatori chiudono la mano destra a pugno e la agitano nell’aria; uno di essi dichiara “pari”, e l’altro risponde dichiarando “dispari”, o viceversa. I due giocatori quindi aprono contemporaneamente la mano, mostrando con le dita un numero da 0 a 5. Talvolta, per garantire la contemporaneità del gesto, i due giocatori recitano una formula ad alta voce all’unisono; una delle formule tradizionali è “bim… bum… bam!”, con il numero mostrato in corrispondenza del “bam!”. La formula “bim bum bam” è nota in una grande quantità di varianti locali, talvolta vere e proprie filastrocche. Se la somma dei due numeri mostrati è pari, vince il giocatore che aveva dichiarato “pari”, e viceversa.

NASCONDINO

Noto anche come “Rimpiattino” è un gioco fatto di niente ma col quale ci si divertiva in un modo incredibile. Scelta la cosiddetta “tana” (un tronco d’albero, la porta di una casa, un muretto, ecc.) si designava chi doveva “stare sotto” tramite la “conta”, ossia una filastrocca che si concludeva per lo più con una frase del tipo “tocca a te!”. Il prescelto doveva poi contare ad occhi chiusi fino ad un numero concordato tutti insieme (30, 40, 50, o anche di più) mentre gli altri partecipanti al gioco andavano a nascondersi. Una volta concluso di contare, chi “stava sotto” iniziava a cercare i compagni di gioco. Avvistatone uno doveva gridarne il nome (a volte anche toccarlo) e correre fulmineamente verso la “tana” insieme al giocatore appena scoperto. Il primo dei due che raggiungeva la “tana” doveva toccarla e gridare a squarciagola “tana!”. Di conseguenza il meno veloce dei due doveva “stare sotto” la volta successiva mentre si riprendeva la caccia ai giocatori nascosti. Chi riusciva a raggiungere la “tana” con successo poteva così gustarsi il resto del gioco da puro spettatore. L’obiettivo dei giocatori nascosti era di cercare di lasciare i rifugi senza essere visti o toccati e di raggiungere il punto di tana gridando “tana” per liberare sé stessi, oppure il favoloso “tana liberi tutti”. Ogni mano si concludeva quando tutti i giocatori erano stati scoperti e ne restava uno “sotto” il primo scoperto salvo che ci fosse stato il “tana libera tutti”. In quel caso restava sotto sempre lo stesso giocatore designato prima con la conta.

LE CINQUE PIETRE

Occorrevano cinque sassolini, possibilmente sferici. Dopo averli buttati per terra abbastanza vicini, stando seduti, se ne prendeva uno e lo si lanciava in aria e nel frattempo, con la stessa mano, se ne raccoglieva un altro, poi si riprendeva al volo il primo e lo si metteva da parte. Lo stesso gesto andava ripetuto per ognuno degli altri sassolini (4 volte in totale). Al secondo giro si raccoglievano sia alla prima che alla seconda presa due sassolini alla volta, sempre lanciandone uno in aria. Al terzo giro se ne raccoglievano alla prima presa tre a alla seconda l’unico rimasto per terra. Al quarto giro si raccoglievano, in una sola presa, sempre lanciandone uno, tutti e cinque i sassolini. Al quinto giro si lanciano in aria tutti i cinque sassolini e si devono riprendere sul dorso teso della mano. Quando si sbagliava a raccoglierli si passava ad un altro giocatore. Vinceva chi riusciva a completare il gioco senza uno sbaglio.

CERBOTTANA

Era arma letale in Oriente e in Amazzonia. Da noi era un semplice gioco di bambini e bambine; c’è stato un periodo che era in vendita un po’ ovunque ma i bambini spesso se le costruivano da soli, con lunghe canne provenienti da materiali di risulta (ideali le canne di alluminio dei lampadari, tubi di plastica, ecc.) che “sparavano” piccoli oggetti (palline di carta, bacche, creta e sassolini) e soprattutto frecce costruite con carta arrotolata a cono e tenuta unita con la saliva, usando, come propulsore, la forza del proprio fiato. Si facevano gare, vinceva chi lanciava più lontano; oppure si mettevano in atto piccole battaglie innocue tra squadre di bambini e bambine. La potenza del mezzo è rapportata alla sua lunghezza e al suo diametro: più lunga è la canna e più piccolo è il suo diametro, più ampia è la gittata. Una, due o più cerbottane possono essere tenute insieme da un sistema di mollette (quelle per il bucato) usate a mo’ di impugnatura e/o di cartucciera. Un discorso a parte meritano le “frecce” che venivano sapientemente preparate a decine, e sparate a raffica in guerre di cortile. La freccia è dunque un cono molto assottigliato ottenuto attorcigliando attorno a un dito strisce di carta che venivano appositamente tagliate in mazzetti regolari trattenuti alla cintola, pronti per l’uso. Ottenuta la freccia la si fissava con la saliva facendone roteare la punta fra le labbra.

Cerbottana

LA FIONDA

C’è chi la chiama fionda, chi fleccia o in tanti altri modi ancora. Questo richiama immediatamente l’immagine del monello che tenta di colpire i nidi degli uccelli o mira ai vetri di qualche malcapitato. Per impedire o punire queste biricchinate, le fionde erano spesso sequestrate dagli adulti. Era tuttavia abbastanza facile costruirsene una nuova e possederla accresceva la sicurezza personale nelle piccole guerre di cortile. Ci vuole un rametto biforcuto (a “Y”) di legno molto duro e robusto che butta facilmente in due. Con le forbici si taglia la gomma della camera d’aria forata e inutilizzata di una bicicletta: elastici facilmente reperibili per risolvere infiniti problemi. A un piccolo pezzo di pelle tagliato in ovale vengono fissati gli elastici grossi, a loro volta fissati agli estremi della forcella con elastici più piccoli o con spago. Il gioco è fatto.

La fionda

LA RAGANELLA

Quello della raganella è un suono di legno ben noto in Valsusa. Lo si sentiva nella Settimana Santa durante le processioni ed in sostituzione dello scampanio che, invece, accoglierà, la resurrezione di Cristo; accompagnava pure gli sposi il giorno del matrimonio. La raganella, al di là dell’uso in queste occasioni rituali, è anche uno strumento molto apprezzato dai bambini per la facilità con la quale può essere adoperato, ma soprattutto per il festoso e gracchiante baccano della sua voce.

La raganella

LE FIGURINE

La passione per le figurine è sempre stata molto grande nei bambini e nei ragazzi ed è legata all’album messo sul mercato dalla Panini. Come si giocava: le figurine venivano lanciate dall’alto, da una sedia o da un muretto con un piccolo colpo delle dita. Se una di queste figurine finiva sopra ad un’altra, anche solo in parte, il vincitore aveva come premio le figurine che si trovavano per terra. Si poteva giocare sia al chiuso che all’aperto. I giocatori usavano ovviamente le figurine doppie con lo scopo,in caso di vincita, di implementare il proprio album.

ACQUA, FUOCO E FUOCHINO

E’ un gioco molto semplice, occorre un qualsiasi piccolo oggetto. Si coprono gli occhi con una benda ad un bambino, mentre un altro bambino nasconde l’oggetto stando attento a non fare rumore. Si toglie la benda al bambino ed a questo punto il gruppo degli altri bambini lo aiuta a ritrovarlo utilizzando le parole “acqua… acqua” se il cercatore si allontana dal nascondiglio; “fuochino …. fuochino” se si sta avvicinando; “fuoco… fuoco” se è molto vicino. Il bambino allora cercherà solo in quella zona finché lo avrà trovato. Un grido di gioia segnala il ritrovamento. A questo punto si potrà ripartire con un altro giocatore. E’ questo un gioco che si pratica all’aperto.

IL GIOCO DELLA SETTIMANA

Questo gioco di movimento richiede agilità ed equilibrio ed è conosciuto nelle varie regioni italiane con nomi diversi: settimana, campana, mondo ecc. Si gioca con due o più giocatori ed occorre dotarsi di un sasso non troppo grosso da lanciare sul percorso. Quindi si disegna a terra o su un marciapiede le caselle del gioco e si traccia i numeri da uno a sette all’interno delle caselle.

Regole del gioco della settimana:

a) il giocatore deve lanciare il sasso iniziando dal primo   giorno della settimana

b) il sasso lanciato non può toccare le linee di separazione delle caselle;

c) il concorrente che saltellando tocca con il piede le linee di separazione delle caselle, deve lasciare il proprio turno ad un altro giocatore;

d) qualsiasi errore commesso dal giocatore o con il sasso riporta il concorrente al punto di partenza;

e) vince chi per primo raggiunge il settimo giorno della settimana e riesce a tornare indietro senza commettere alcun errore.

Si fa la conta per chi inizia. Il concorrente che vince lancia il sasso sul primo giorno della settimana, entra dentro la casella, saltellando su un solo piede, si china, raccoglie il sasso e sempre saltellando torna indietro senza toccare i confini delle caselle.  La difficoltà aumenta con l’aumentare dei giorni della settimana, tant’è che ci vuole un’ottima mira per riuscire a centrare il quinto, il sesto e il settimo giorno. E’ consentito riposare sui due piedi soltanto nell’ultima casella senza numero e nel caso di errore si ricomincia dal numero uno. Vince chi riesce per primo ad effettuare tutto il percorso.

Gioco della settimana

 

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