Guaritori e guaritrici

Fin dalla antichità, la gente di montagna e le classi popolari più povere adottavano per preservare la propria salute, sistemi che si differenziavano da quelli degli strati sociali più abbienti, spesso con risultati migliori in quanto la loro medicina era più vicina alla natura. Si può dire che la medicina popolare, in un certo senso è più moderna di quanto si pensi poiché basata sulla esperienza pratica che ha sempre un fondo di validità scientifica. E’ anche vero, però che i metodi di cura popolari si basavano in buona parte sulla figura carismatica del guaritore o guaritrice per poter curare anche con la parola ed il convincimento i suoi pazienti. La medicina popolare ha, da sempre, una impostazione diversa rispetto a quella ufficiale perché i suoi principi sono basati sulla natura e sulla ritualità. C’è anche una concezione diversa di malattia fra le due medicine: la medicina ufficiale vedeva la malattia come qualche cosa che aggrediva la persona dall’esterno, mentre la medicina popolare considerava la malattia come un qualcosa che proveniva dall’interno con una caduta delle difese dell’organismo che permetteva al male di avere il sopravvento e di “possedere” la persona, da qui i vari riti contro le possessioni, la fisica, le fatture, i demoni, ecc.
I guaritori conoscevano le applicazioni medicinali di molte erbe e piante e tali conoscenze si tramandavano di generazione in generazione dalla notte dei tempi. Allo stesso tempo scoprivano nuove formule e applicazioni attraverso la sperimentazione. La gente considerava questa conoscenza come un certo tipo di magia, così come lo credevano le gerarchie delle chiese e i governanti degli stati. Alcune volte questi guaritori mescolavano le pratiche curative con vecchi riti pagani anteriori al cristianesimo. La patina magica che rivestiva la conoscenza delle piante e l’elaborazione di creme e unguenti sembra derivare da questi vecchi riti religiosi.
Nei tempi passati nella montagna di Condove la medicina era affidata a un medico che col cavallo o asino raggiungeva le borgate montane e si recava presso i malati o alle partorienti prestando la sua opera e prescrivendo farmaci che venivano preparati dagli speziali che nelle loro officine galeniche preparavano sciroppi, bustine di polvere da ingurgitare in apposite ostie, pomate e lozioni spesso a base di erbe che lo stesso speziale distillava.
Accanto a queste figure prosperavano i guaritori, persone che godevano la stima della comunità che senza una preparazione scientifica diagnosticavano malattie, davano prescrizioni di tisane, impiastri revulsivi, curavano distorsioni e slogature massaggiando con grasso fuso, segnavano le malattie con riti esoterici e sciamanici, conoscevano i rimedi per contrastare l’azione delle masche, ma anche quelli per curare varie malattie che non siano frutto di magia. I guaritori oggi sembrano essere ancora molto attivi sul territorio, sebbene, con il progredire delle conoscenze in campo medico è giustamente aumentata la fiducia nei metodi di cura ufficiali. Le leggende relative a questi personaggi venivano tramandate oralmente nel corso delle veglie serali fino al primo novecento. L’attività di guaritore era esercitata soprattutto dalle donne.
Mia madre mi parlava di una donna anziana in una borgata di Mocchie che diagnosticava nei bimbi l’infestazione da vermi, a quell’epoca piuttosto diffusa, con un metodo empirico noto anche in altre zone del Piemonte. Metteva un po’ d’acqua in una tazza bianca e vi disponeva, recitando una preghiera, due fili da rammendo bianchi disposti in croce: se i fili si attorcigliavano c’erano i vermi altrimenti se rimanevano dritti sulla superficie non c’erano. Comunque l’acqua veniva fatta bere al fanciullo sempre recitando preghiere e formule magiche, poi prendeva dell’aglio e del prezzemolo, metteva il tutto in un sacchettino bianco e lo poneva sotto il capo del bambino, ma prima segnava il piccolo. Curava gli ascessi dei denti facendo dei segni di croce con il suo pollice sulla guancia dolorante recitando una formula. Segnava anche gli orecchioni con un rito che prevedeva un mezzo rosario recitato con il paziente e il suo accompagnatore, poi con un fuscello intinto in uno speciale inchiostro disegnava una stella a cinque punte dietro le orecchie. Il rito si ripeteva per tre giorni. Poi man mano che il soggetto si lavava la stella spariva e la malattia passava. Per il fuoco di S. Antonio la segnatura consisteva nel tracciare dei segni di croce sulla parte interessata o intorno ad essa con la mano destra bagnata di acqua benedetta.
Si raccontava che il potere di curare a quella donna glielo avesse trasmesso sua nonna. Sua nonna sapendo che stava per morire l’aveva mandata a chiamare e le chiese di stringerle la mano e attraverso la mano trasferì a lei i suoi poteri. Era una donna esperta di parti, aiutava le donne nella gravidanza, guariva la gente.
La Chiesa mostra da sempre scetticismo ed avversione per questo tipo di credenze, nonostante la fede religiosa sia un elemento essenziale presente nel guaritore e venga richiesta a chi riceverà una segnatura. Qualche sacerdote, comunque, figlio o parente di guaritori, nonostante le proibizioni ecclesiastiche, mostra tolleranza o a volte crede a questo genere di cose.
Ho sentito raccontare di una donna, prescelta sempre dalla nonna per tramandare quest’arte: “Quando fui battezzata dentro le fasce la nonna nascose quello che serve per segnare: un tralcio di vite per le storte, i fiori per gli occhi, i chicchi d’orzo e di riso per i porri, un filo nero infilato in un ago per l’orzaiolo. Tutti questi strumenti nascosti nelle fasce sono stati battezzati con me”.
Se questo rituale non veniva svolto il bambino non poteva ricevere la virtù, che doveva risalire dal momento del battesimo ed essere completato quando “l’erede” era abbastanza grande da poter tenere a mente le formule segrete ed essere sicuri che non le svelasse a nessuno.
La consegna della formula rituale probabilmente ancora oggi, come nel passato, avviene la notte di Natale o di San Giovanni Battista, considerate magiche per eccellenza. Il guaritore sceglie la persona a cui svelare le parole segrete e quest’ultima deve ripeterle dentro di sé fino a memorizzarle; niente può essere pronunciato o messo per scritto.
Predestinati a questo tipo di sorte, erano anche coloro che “nascevano con la camicia”. Questa metafora che ancora oggi sta a significare “nascere fortunati”, deriva in realtà dal mancato distacco del sacco amniotico fetale (la camicia appunto) al momento della nascita. Nascere vestiti veniva ritenuto segno di particolare fortuna e soprattutto di particolare virtù, per esempio quella di guarire. Quando dunque un bambino nasceva vestito, si provvedeva immediatamente a rompere il sacco perché il piccolo potesse tirar fuori la testa e respirare, e poi prima ancora di vedere se era maschio o femmina lo si investiva del potere di segnare questa o quella malattia: il che avveniva attraverso un piccolo rito che consisteva nel pronunciare certe formule e preghiere, dopo aver messo in mano al neonato un oggetto che simboleggiava la malattia che si voleva che curasse: un carbone per il fuoco di S. Antonio, un baco da seta per i vermi e così via. Parole e segno venivano poi insegnati al bambino appena era in grado di capire. Oggi naturalmente ciò non accade più per l’intervento ostetrico che separa il bambino dalla membrana amniotica aderente al suo piccolo corpo.
Il materiale usato per la magia di campagna è costituito da oggetti semplici: vegetali come i fiori, gli steli di grano, i rami, oppure il pane, il vino o la celebre goccia d’olio versata in una bacinella d’acqua contro le masche.
La maggior parte dei guaritori erano di estrazione contadina, anche se ce n’erano di condizione sociale benestante. Le guaritrici di estrazione povera e contadina lavoravano per la comunità, per le classi popolari. In generale erano le uniche ad assistere i poveri. Le donne facevano le guaritrici da secoli, c’è una lunga genealogia di donne guaritrici. In Europa furono le responsabili della salute della comunità, essendo le conoscitrici, trasmettitrici e verificatrici di una sapienza ancestrale popolare trasmessa di madre in figlia. Di fatto, sono considerate da diversi studiosi e studiose le prime mediche e anatomiste della storia occidentale, oltre che le prime farmacologhe, per la loro coltivazione e raccolta di piante medicinali. Erano le conoscitrici dei segreti della medicina empirica.
Le guaritrici usavano analgesici, calmanti e medicine digestive, così come altri preparati per diminuire i dolori del parto, nonostante la posizione contraria di alcuni, secondo la quale a causa del peccato originale le donne dovevano partorire con dolore. Usarono la belladonna per fermare le contrazioni dell’utero in caso di minaccia di aborto e consigliavano inoltre le donne sui metodi contraccettivi e si dice praticassero aborti.
La pratica della segnatura era anche messa in rapporto alle fasi lunari: in particolare se la luna è calante, la segnatura fa regredire la malattia. Per ogni fase lunare era previsto qualcosa: con luna nuova si prega per la nascita di qualcosa di nuovo, con luna crescente si prega per la crescita o incremento di qualcosa, con luna piena si prega per compimento, fecondità e realizzazione, con luna calante si prega per far decrescere qualcosa o eliminare ostacoli e per purificazione e liberazione.
Alcuni riti e comportamenti descritti in questo breve saggio riassumono diverse notizie trasmesse dai miei antenati ormai tutti scomparsi e vuol essere una documentazione su un aspetto della nostra memoria storica cui è necessario accostarsi con curioso interesse e senza pregiudizi.

Gianni Cordola