La leggenda di San Martino
A volte i modi di dire esprimono saggezza popolare e hanno un significato profondo o morale, tra questi è compreso sicuramente “l’estate di San Martino” per indicare quella diffusa presenza di bel tempo, che nei giorni intorno alla prima decade di Novembre, caratterizza il clima, dovuta, secondo la leggenda, alla volontà di Dio per ricordare il nobile gesto del Santo.
Martino nacque intorno al 316 d.C. in Pannonia (l’odierna Ungheria) a Sabaria da pagani. Figlio di un tribuno della legione, si arruola a sua volta nella cavalleria imperiale prestando poi servizio in Gallia diventando comandante del corpo di guardia nella città di Amiens, dove visse l’esperienza che cambiò per sempre la sua vita e lo consegnò alla storia, alla leggenda e alla santità. Una notte di novembre mentre usciva a cavallo da una delle porte della città francese di Amiens, per ispezionare i posti di guardia il cielo era coperto, piovigginava e tirava un vento gelido che penetrava nelle ossa; per questo il cavaliere era avvolto nel suo ampio mantello di soldato.
Ma ecco che lungo la strada c’è un povero vecchio coperto soltanto di stracci, spinto dal vento, barcollante e tremante per il freddo. Martino lo guarda e sente una stretta al cuore e pensa come fare per dargli un po’ di sollievo. Basterebbe una coperta, ma non ne ha. Sarebbe sufficiente del denaro, con il quale il povero potrebbe comprarsi una coperta o un vestito; ma il cavaliere non ha con sé nemmeno una moneta. Ha quel pesante mantello che lo copre tutto. Gli viene un’idea, si toglie il mantello, lo taglia in due con la spada e ne dà una metà al poveretto. “Dio ve ne renda merito!”, balbetta il mendicante, e sparisce.
Martino, contento di avere fatto la carità, sprona il cavallo e se ne va sotto la pioggia, che comincia a cadere più forte che mai, mentre un vento rabbioso pare che voglia portargli via anche la parte di mantello che lo ricopre a malapena. Ma dopo qualche ora ecco che smette di piovere, il vento si calma. Di lì a poco le nubi si diradano e se ne vanno. Il cielo diventa sereno, l’aria si fa mite. Il sole comincia a riscaldare la terra obbligando il cavaliere a levarsi anche il mezzo mantello. La notte seguente in sogno, Cristo gli apparve rivestito di quello stesso mantello.
Ecco l’estate di San Martino, che si rinnova ogni anno per festeggiare un bell’atto di carità ed anche per ricordarci che la carità verso i poveri è il dono più gradito a Dio.
Martino, militare romano non cristiano dopo la mistica esperienza, lasciato l’esercito nel 356 d.C., si convertì, già battezzato forse ad Amiens, raggiunge a Poitiers il vescovo Ilario che lo ordina esorcista (un passo verso il sacerdozio). Dopo alcuni viaggi Martino torna in Gallia, dove viene ordinato prete da Ilario. Nel 361 fonda a Ligugé una comunità di asceti, che è considerata il primo monastero databile in Europa. Nel 371 d.C. divenne Vescovo di Tours, dove acclamato dai suoi cittadini, proseguì umilmente fino alla morte (397 d.C.) la sua opera pastorale. Martino è tra i primi santi non martiri proclamati dalla Chiesa cattolica, è venerato anche da quella ortodossa e da quella copta. Si celebra l’11 novembre, giorno dei suoi funerali avvenuti nell’odierna Tours. Il suo mantello miracoloso divenne reliquia e fu conservata dai Re Merovingi. Da allora chi conservava il mantello corto, detto appunto “Cappella”, venne definito cappellano.
San Martino è celebrato come il protettore dei pellegrini, dei viandanti di un tempo, ed in alcuni casi la giornata in cui si festeggia il santo, diventa un giorno di festa per i camionisti, i viandanti di oggi. A San Martino sono dedicate le cappelle di Camporossetto e Grange di Condove (TO).
Fé San Martin
A Torino ed in tutto il Piemonte è consuetudine usare la frase “fé San Martin” quando si trasloca.
La frase non è un semplice luogo comune ma ha riferimenti storici importanti ed ancor oggi viene utilizzata molto più spesso di quanto si pensi. Ma perchè?
Prima della riforma dei patti agrari avvenuta nel secondo dopoguerra, l’anno agrario terminava il 10 novembre data scelta in quanto i lavori nei campi erano già terminati senza però che fosse già arrivato l’inverno e di conseguenza era finito il lavoro del mezzadro ed il relativo contratto di affitto. I braccianti che venivano riconfermati dal proprietario terriero per il nuovo anno agrario, che ripartiva il giorno successivo, non avevano problemi: il posto di lavoro era mantenuto così come l’abitazione.
Per coloro che venivano licenziati, l’11 novembre, quando la chiesa ricorda San Martino di Tours, era un giorno disgraziato. Il mezzadro con la sua famiglia era praticamente messo alla porta, doveva raccogliere tutte le sue cose ed era costretto ad abbandonare casa e lavoro. Non era inusuale, in quei giorni, imbattersi in carri strapieni di ogni masserizia che si spostavano da un podere all’altro, ecco perché è tradizione utilizzare il termine “fé San Martin” (fare San Martino) quando si trasloca.
Aneddoto storico riferito a San Martino
Un aneddoto riferito a questo modo di dire riguarda il primo re d’Italia. Il 24 giugno 1859 durante la seconda guerra d’indipendenza l’esercito del regno di Sardegna sta cercando di conquistare il piccolo paese di San Martino.
Lo scontro è cruento e l’esito della battaglia, incerto. Vittorio Emanuele II incita i suoi soldati con la celebre frase “Fòrsa fieuj, ò i pijoma San Martin ò j’auti an fan fé San Martin a noi!” (Forza ragazzi o prendiamo San Martino o gli altri fanno fare San Martino a noi).
Altre tradizioni legate a San Martino
Nel comune abruzzese di Scanno, in onore di San Martino si accendono grandi fuochi detti “glorie di San Martino” e le contrade si sfidano a chi fa il fuoco più alto e durevole.
Nel veneziano l’11 novembre è usanza preparare il dolce di San Martino, un biscotto dolce di pasta frolla con la forma del Santo con la spada a cavallo, decorato con glassa di albume e zucchero ricoperta di confetti e caramelle; è usanza inoltre che i bambini della città lagunare intonino un canto d’augurio casa per casa e negozio per negozio, suonando padelle e strumenti di fortuna, in cambio di qualche monetina o qualche dolcetto.
A Palermo si preparano i biscotti di San Martino inzuppati nel vino moscato di Pantelleria, a forma di pagnottella rotonda grande come un’arancia e l’aggiunta nell’impasto di semi d’anice o finocchio selvatico che conferisce loro un sapore e un profumo particolare.
In molte regioni d’Italia l’11 novembre è simbolicamente associato alla maturazione del vino nuovo (da qui il proverbio”A San Martino ogni mosto diventa vino”) ed è un’occasione di ritrovo e festeggiamenti nei quali si brinda, appunto, stappando il vino appena maturato e accompagnato da castagne o caldarroste.
San Martino, dà il titolo ad una rappresentazione teatrale di Oscar Barile, “La Fiera di San Martino”: una storia in piemontese, una storia ambientata sulle nostre colline, una storia vera, una storia d’amore. Molto delicata e intrisa di emozione autentica.
Gianni Cordola