Sui percorsi e sui passi della nostra montagna, lungo mulattiere e sentieri, nelle borgate o ai margini delle strade, dei ponti, dei crocevia, sono visibili, e oggetto di devozione, quelle piccole costruzioni in pietra chiamate “piloni”. Queste piccole costruzioni costituiscono oggetto di culto e di rassicurazione per il viandante, ma anche un preciso punto di riferimento per individuare un luogo, un confine o altro. Dai piloni emergono figure della nostra fede: dipinti di madonne, del Cristo, oppure di Santi.
Anche la borgata Giagli di Condove ha il suo pilone con una storia particolare. La borgata, che, con circa quaranta abitanti, è forse la più popolata di tutte le borgate montane condovesi, si trova lungo la carrozzabile Condove Mocchie ad una altitudine di circa 640 metri; presumibilmente il nome deriva da un cognome locale Giaglio, in piemontese Giaj e in franco provenzale Dzay, documentato nella borgata nei secoli XVI e XVII.
Il pilone attuale è di recente costruzione, mentre l’originario, di cui non si sa con certezza la data di erezione, risale sicuramente ai primi anni del 1700, ipotesi suffragata dalla carta di misura della Valle di Susa della seconda metà del XVIII secolo che riporta testualmente la dicitura “Giai e pilone”. Era ubicato nel “pianèt dij Giaj”, esattamente dove ora esiste una scala in pietra che collega la strada carrozzabile con il piano sottostante. Era dedicato a Santo Stefano protomartire, cioè il primo cristiano ad aver dato la vita per testimoniare la propria fede in Gesù Cristo e curiosamente, nel retro del pilone stesso, figurava simboleggiato il demonio, a ricordare l’eterna dualità tra il bene ed il male. In alto una croce in ferro finemente lavorata. Particolari che ricordavano bene anni fa gli anziani della borgata che, da bambini, ponevano fiori freschi nell’edicola votiva.
Passano gli anni e arriviamo al 1930, iniziano i lavori di costruzione della strada carrozzabile Condove – Mocchie e per motivi tecnici il pilone non è compatibile con la nuova opera, per cui si decide di demolirlo. Rocci P. il proprietario del terreno sul quale insiste la costruzione, si reca sconsolato sul posto, raccoglie alcuni mattoni rimasti integri e soprattutto la croce in ferro e porta tutto quanto a casa sua. Trascorre oltre mezzo secolo. Il Rocci pensa di ricostruire il pilone, ma le sue condizioni di salute non gli consentono di realizzare il progetto.
La gente del posto sperava nella ricostruzione del pilone ma niente si muoveva. Finalmente nell’anno 2000 un gruppo di persone della borgata prende decisamente di petto la situazione e decide di procedere speditamente al rifacimento del manufatto. Con la collaborazione e generosità di tante persone viene predisposto il progetto con la relativa documentazione e richiesta la concessione edilizia a cui rapidamente il Comune approva e consente l’edificazione.
Poi iniziano i lavori in muratura. Provvedono ai lavori S. Cavezzale, G. e S. Rocci, L. Alpe e F. Croce, e ben presto il pilone prende forma. Viene gettato un robusto basamento sul quale viene elevata una costruzione in pietra a vista nella parte inferiore ed in mattoni quella sovrastante.
Ma qui G. Rocci annuncia che nella sua abitazione, ci sono ancora sei o sette mattoni e la bella croce del vecchio pilone, ed ovviamente è disposto a mettere il tutto a disposizione.
Si decide di collocare gli antichi mattoni nella parte alta del manufatto, mentre uno di questi, che mostra ancora chiaramente la malta che lo legava nella vecchia costruzione, viene posto in bella evidenza come è chiaramente visibile nella fotografia.
Lassù, in alto, torna a svettare, come tre secoli prima, la bella croce in ferro che G. Rocci, il figlio di Pietro, ha conservato per tanti anni. Terminata la parte in muratura bisogna provvedere alla parte artistica, la decorazione dell’edicola sacra. Occorre un artista, che viene trovato nella figura del prof. L. Girardi che l’affresca con valentia. Nella volta a catino viene rappresentata l’allegoria della Pentecoste, nelle due pareti laterali San Giuseppe e Santo Stefano e nel fondale la Madonna del Rocciamelone, patrona della Val di Susa, tante volte invocata nei momenti difficili. Il tutto viene chiuso da una grata in ferro, opera di M. Rolando. Nella parte inferiore avanzata del pilone venne posta un’antichissima acquasantiera che, forse è appartenuta, in età remota, a qualche edificio religioso locale. Il rinvenimento di tale reperto è curioso, se pensiamo che si trovava ad un centinaio di metri dal luogo dell’erezione del nuovo pilone e faceva parte di un muro a secco di una mulattiera.
Terminati i lavori, il sabato 11 novembre 2000, nel piazzale fra Giagli e Fornacchia, fu inaugurato il ricostruito pilone, a testimonianza di un’antica, ma sempre viva devozione popolare. Fu benedetto da don Silvio Bertolo, allora Parroco di Condove, e Mario Jannon, in qualita di Vice Sindaco, portò il saluto e l’apprezzamento dell’Amministrazione comunale di Condove, davanti ad oltre un centinaio di persone, in una splendida giornata di sole autunnale.
Una bella realizzazione che ha visto il contributo generoso e la piena disponibilità di tutta la popolazione delle due borgate.Il piazzale antistante il pilone stesso è diventato, un piccolo parcheggio, a disposizione degli abitanti.
Gianni Cordola