C’era una volta un gioco

 

di Monica Cordola

La mostra “così giocavano i nostri nonni” tenutasi nelle splendide sale arredate del Castello di Pralormo (TO) nei mesi di settembre ed ottobre 2012, offre una panoramica interessante dei giocattoli che hanno divertito ben quattro generazioni della famiglia Beraudo di Pralormo, dalla metà dell’’Ottocento al 1950 circa, quando ancora era il periodo d’’oro del giocattolo europeo e dell’’editoria per ragazzi del vecchio Continente.

I GIOCHI ALL’ARIA APERTA

Di seguito, alcune foto dell’’esposizione esterna di giochi nell’’antica serra francese del Castello: passatempi semplici basati sulla destrezza, sull’’agilità e sulla coordinazione dei movimenti.

Alcuni sono i giochi di oggi ma realizzati con materiali diversi.

Ecco un esempio di bicicletta che in un’’ottica di “riuso” si poteva trasformare in triciclo e viceversa.

Un tempo le ruote erano ricoperte di corda e il telaio era in legno.
Inoltre i bambini si cimentavano anche con il monopattino, introdotto all’’inizio del Novecento dagli Stati Uniti ed anch’esso realizzato in legno.

Altri giochi fatti in legno erano la trottola, provvista di un lungo cordino spesso e di cui oggi esistono molte versioni in plastica con annesso lanciatore, e gli aerei di tutte le dimensioni ovviamente privi di telecomando.

I piccoli del castello si dilettavano anche a croquet di cui tutti rammentiamo la partita giocata da Alice nel Paese delle Meraviglie di Lewis Carroll.

Questo sport fece parte dei Giochi olimpici nel 1900. Dal Croquet derivano il biliardo ed il golf. Il Croquet viene giocato con quattro palle, su un campo contenente sei archetti ed un picchetto centrale, detto peg. Nella foto il set completo con le palline e le mazze.

Scopo del gioco è quello di segnare dei punti facendo passare una palla colpita da una mazza sotto delle porte per due volte (prima nel giro di andata, poi in quello di ritorno) seguendo un ben determinato percorso, al termine del quale si deve colpire il peg.

La partita viene vinta da chi per primo conclude il percorso con entrambe le palle a disposizione, oppure da chi segna il maggior numero di punti in un tempo concordato. Può essere giocato in maniera individuale o a squadre.

Nelle famiglie benestanti si praticavano anche sport come il tennis, il ping pong ed il volano.

Ecco un esempio di volano con racchetta di legno e palla realizzata non di plastica come i volani odierni ma con tappo di sughero e piumaggi di uccelli.

Sull’origine dello stesso volano esiste un’ipotesi ragionevole: l’abbondanza di penne provenienti dai volatili usati come cibo avrebbe portato all’elaborazione di metodi di stoccaggio (infilzare le penne in sugheri o in gomitoli di lana) e di lì alla scoperta del nuovo gioco.

(fonte http://www.treccani.it/enciclopedia/badminton_(Enciclopedia-dello-Sport)/)

Introdotto recentemente alle Olimpiadi, il volàno o badminton è uno degli sport più diffusi al mondo (terzo sport più praticato) ed è uno tra i più veloci sport di racchetta.

Anche Shakespeare vi fa riferimento nelle sue opere teatrali e l’artista parigino Jean Chardin lo ha raffigurato nel dipinto La jeune fille au volant.

Praticato in Europa già dal Medioevo, fu presumibilmente portato in Inghilterra nel XIX secolo da alcuni ufficiali inglesi dall’’India e successivamente ribattezzato col nome di Badminton dall’’omonima località del Gloucestershire in cui era solito praticarlo il duca di Beufort nel suo castello, nel quale furono codificate le prime regole di questo gioco (shuttlecock and battledore). Si ritiene che abbia però radici molto antiche, asiatiche, dal gioco cinese “ti jian zi”.

Nella serra del Castello si può ammirare anche un Tennis Partner del 1930 per allenarsi al gioco da soli.

Ȓ di manifattura inglese con la scatola che riporta la frase “utilizzato dal principe di Galles”!

Passatempi molto comuni al tempo erano il cerchio e le bocce. Il primo, già praticato dai Greci e dai Romani, consisteva nell’’agganciare un cerchio costituito da un tondino di ferro circolare o da un cerchione di bicicletta e nel farlo correre con l’’aiuto di una bacchetta, un un’asta di metallo appositamente modellata a forma di U. Il gioco delle bocce era simile a quello praticato attualmente con la peculiarità che come bocce si usavano dei sassi rotondi.

Ai bimbi della famiglia Beraudo non mancavano le macchinine a pedali ed addirittura la riproduzione “funzionante” di un vecchio tram di legno.

I GIOCHI AL CHIUSO

Sempre all’’interno del castello di Pralormo che vanta ben 700 anni di storia continua la rassegna dei giochi “al chiuso” della famiglia Beraudo di Pralormo.

Purtroppo, non essendo consentito fotografare le stanze e gli arredi antichi del castello in cui la mostra aveva sede, vi proponiamo una visita in una galleria immaginaria alla scoperta dei giocattoli che, dalla metà dell’’Ottocento e fino agli anni precedenti la II Guerra Mondiale, divertirono lo zio dell’’attuale proprietario e finanche i nostri nonni.

Come è oggi e come è stato per noi e per i nostri nonni, i giochi avevano diversi scopi:

Giochi ad imitazione dei mestieri dei grandi

Questi giochi avevano lo scopo di ispirare la vocazione del bambino o della bambina, per il suo futuro nella gestione della casa ed anche nel lavoro, nello sport, nelle arti. Erano la rappresentazione, in una scala adatta a loro, della realtà che li circondava.

Ogni sala del castello aveva i suoi giochi in formato ridotto:

  • la stireria aveva il piccolo ferro da stiro, l’’armadio delle bambole con tanto di corredo e la macchina da cucire e i cestini da lavoro delle bambine, cui veniva insegnata fin da piccolissime l’’arte del cucito;
  • lo studio conteneva una piccola scrivania da diplomatico affiancata allo scrittoio del Ministro;
  • infine, nella cucina del Castello accanto agli attrezzi dei cuochi di casa, campeggiavano una cucina in scala ridotta, piccoli potagé in rame, la miniatura in legno di uno dei primissimi frigoriferi ed un modellino di drogheria con cassettoni apribili et etichette indicanti i vari alimenti.

Nella sala da pranzo e nell’’office, dove la padrona di casa sceglieva le porcellane per i pranzi, l’’occhio era attratto da un’’incredibile collezione di minuscoli bicchieri di cristallo, piattini di porcellana e posate dal manico di avorio e servizi da caffè e da thè decorati a mano e con scene di ispirazione romantica e trionfi floreali.

Risalgono all’’inizio del Novecento quando ogni volta che veniva prodotta una nuova collezione di ceramiche ne veniva anche realizzata la miniatura per i più piccoli di casa.

La porcellana era stata portata in Europa dai primi intraprendenti mercanti europei al ritorno dalle terre lontane della Cina insieme a sete pregiate e spezie.

La fabbrica di Meissen in Sassonia entra in attività nel 1710 e poi dopo di essa le fabbriche europee, tra le quali quella Viennese, quella del veneziano Francesco Vezzi, quelle Toscane, la fabbrica borbonica di Capodimonte, nel 1743 la Real Fabbrica Ferdinandea in Spagna e la manifattura francese di Sèvres.

Da quel momento una grande produzione di zuppiere, vassoi, piatti di varie dimensioni, antipastiere, teiere, servizi da caffè, pannelli decorativi per pareti e da ultimo, ma non meno importante, la fabbricazione di miniature.

Oltre a ciò, case e mobili in miniatura: i bimbi del Castello vantavano le miniature di una locanda, di un negozio di fiori, di un’aula scolastica.

Al padre dell’’attuale proprietario fu donata anche una palestra in miniatura, di fattura viennese.

Ȓ davvero commuovente la lettera che accompagnava tale regalo in cui l’’adulto spiega al bambino che, come il cavallino di legno da lui ricevuto a suo tempo in dono fu d’ispirazione per una folgorante carriera sportiva culminata nelle Olimpiadi del 1924, così si augurava che la palestra potesse essere di vocazione per il piccolo destinatario per eccellere negli sport.

Giochi di stimolo alla fantasia

Giochi che ricreavano un mondo immaginario: il kit del piccolo prestigiatore, il teatrino delle marionette e la lanterna magica.

Giochi di società

Nel grande salone si potevano ammirare i giochi dell’’oca, il gioco del “15” di legno, il primo “Monopoli”, il domino e tanti altri giochi da tavolo come le tombole antiche con schede molto colorate e decorate.

Costruzioni

Incredibili e dettagliatissime costruzioni, sia di legno che in veri e propri mattoni, uno dei primi Meccano (del 1912), il N° 6 con i pezzi ancora nichelati. Solo nel 1926, infatti, venticinquesimo anniversario del brevetto, il suo inventore Hornby introdusse il Meccano a colori. Il Meccano è il nome di un set per la costruzione di modellini, costituito originariamente da barrette metalliche perforate, viti, dadi e bulloni che permette la
costruzione di modellini funzionanti e di apparecchi meccanici. Gli unici attrezzi necessari per montare e smontare i modellini erano chiavi e cacciavite. Nel corso degli anni successivi, il prodotto è stato più volte riprogettato. Attualmente è in commercio una versione di Meccano basata su componentistica di plastica, destinata a bambini in età prescolare.

Il Meccano nel corso del Novecento ebbe così tanto successo che tra il 1916 e il 1963 venne pure pubblicata la rivista Meccano Magazine (fonte Wikipedia).

Strumenti di apprendimento

Pallottolieri ed abbecedari ma anche un’’interessante sezione di libri per l’’infanzia, in francese, tedesco ed inglese, perché molte volte a scegliere i libri per i piccoli delle famiglie ricche erano le bambinaie di nazionalità straniera.

Le edizioni ottocentesche delle pubblicazioni per bambini erano di grande formato, illustrate da grandi artisti con un tratto delicatissimo, anche se privi di colore, mentre negli anni ’30 del Novecento, diventano in voga semplici strisce piegate che raccontavano storie con disegni semplici e poche righe di filastrocca.

Infatti, nel novecento nascono i giornalini e negli anni trenta vengono pubblicate le prime collane rivolte ai lettori più piccoli.

Bambole e trenini

Bambole di porcellana bisquit, una casa di bambole ed uno chalet di Biancaneve già siglato Disney.
Tra tutte spiccava la bambola “Elena” accompagnata da un corredo degno di una principessa, così chiamata in onore della Regina Elena che la donò nel 1911 alla figlia della marchesa Incisa della Rocchetta, sua dama di corte.

Nel grande salone una bella esposizione di trenini. I più antichi erano ad orologeria ed erano molto curati persino negli interni e nel dettaglio dei materiali trasportati dai vagoni.

In particolare per gli appassionati di modellismo era esposta una collezione di modelli di treni in scala HO della Hornby e della Marklin, tra cui il più antico a orologeria del 1897
e altri più moderni degli anni ’30.

Bagatelle e calcio balilla

Immancabile già allora un calcio-balilla.

Infine un bagatelle, precursore del moderno flipper, consistente in un piano di gioco in sul quale i giocatori spingevano delle biglie da mandare con una piccola stecca in delle buche evitando degli ostacoli, rappresentati da numerosi chiodi piantati sulla tavola stessa.

La versione esposta era già dotata di un pistone a molla, che faceva si che le biglie venissero lanciate sul piano di gioco non più manualmente, bensì meccanicamente.

Il Bagatelle fu un gioco di biglie popolare in Francia durante il regno di Luigi XIV. Il gioco prese il nome dallo Château de Bagatelle, che era la piccola residenza del Duca Filippo, fratello minore del Re e grande appassionato di giochi e scommesse.

Intorno al 1830 giochi di Bagatelle di dimensione paragonabile a quella di un moderno tavolo da biliardo, si diffusero in tutta Europa e negli Stati Uniti come mezzo di
intrattenimento in alberghi, taverne, e stazioni di rifornimento per diligenze.

Fu proprio in questo periodo che i fabbricanti iniziarono a produrre anche versioni del Bagatelle in miniatura, commercializzate come gioco da tavolo per bambini.

La manifattura dei giochi dei nonni

Di questi giocattoli colpisce l’’origine artigianale, l’’attenzione al dettaglio, l’’uso di materiali che oggi sarebbero definiti “green”, come il legno, la fantasia dei progettisti, le soluzioni semplici ma meccanicamente molto avanzate, i colori raffinati e la robustezza.

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