Fulmini e tuoni in montagna (lòsne e tron an montagna)

Quante volte in montagna il sole splende alto nel cielo pur tra qualche cumulo di nubi e il suo calore si fa sentire anche se la quota alla quale ci troviamo è elevata. D’un tratto un colpo di vento, tutto si copre di una nebbia sempre più scura; è un attimo: un fulmine squarcia la pace di quel posto e il botto impressionante che segue solo in leggera differita si fa sentire in tutto il corpo. È l’inizio di un temporale che in poco tempo lascerà sul terreno tanta acqua e grandine.

Il fulmine (chiamato anche saetta o folgore) è una scarica elettrica che avviene nell’atmosfera, uno spettacolare evento da osservare in cielo, ma una pericolosa minaccia per chi si trova in spazi aperti durante un temporale. Le morti legate alla fulminazione non sono poche: escursionisti, alpinisti, semplici persone che fanno passeggiate o pastori con i loro greggi. La frequenza di scariche elettriche in montagna, soprattutto in quota, è nettamente superiore che in pianura.

Racconto ora una successione di avvenimenti del passato che hanno segnato la vita dei Condovesi e messo in risalto il senso dell’impotenza e della paura di fronte al fulmine.

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Agosto 1958 – Un fulmine colpisce una baita nei monti di Condove e causa la morte di una donna e di tre mucche

A Villa di Mocchie abitava la famiglia Croce, erano agricoltori e nella stagione estiva salivano all’alpeggio delle Balme ad oltre 1600 metri di quota con le loro mucche. L’alpeggio è il territorio dove si conducono al pascolo gli animali (vacche, capre, pecore), dove pascolano nell’erba migliore e dove si producono i più gustosi formaggi, ma è anche la baita che ospita i margari. Un giorno della seconda metà di agosto del 1958 verso sera un violento temporale si scatena sulla montagna di Condove, il Croce coi figli si trovava a Villa di Mocchie per accudire ai lavori agricoli nei campi mentre la moglie Luigia Selvo di 49 anni era all’alpeggio con le mucche. Al tramonto la donna rinchiuse gli animali nella stalla adiacente al locale dove mangiava e dormiva. Consumata la cena a base di formaggio latte e pane la donna si coricò su un tavolato con un giaciglio di foglie. Il temporale con tuoni, fulmini e violenti scrosci d’acqua durò più di un’ora. Al mattino seguente una parente anch’essa all’alpeggio in un’altra baita non vedendola uscire di casa aprì la porta e le si presentò questa scena: la donna folgorata dal fulmine era senza vita sul giaciglio bruciacchiato col volto annerito, sul tavolo la scodella del latte usata per la cena e una sporta contenente pane e formaggio appesa ad un gancio. Aprì anche la porta della stalla e vide tre mucche carbonizzate mentre altre due sfiorate dal fulmine non muggivano a causa dello spavento. La donna scese di corsa a Villa di Mocchie a cercare aiuto e dare la triste notizia ai famigliari. Il marito con altri compaesani, i carabinieri e il medico condotto salirono all’alpeggio, ma nulla poterono fare se non constatare la morte della donna per folgorazione. Esperite le formalità del caso e dopo il nulla osta del pretore la salma della donna fu trasportata a Mocchie dove si celebrarono i funerali.

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Fine luglio 1968 – Notte di paura per un gruppo di giovani Condovesi nel rifugio sul monte Rocciamelone colpito da un fulmine

Il Rocciamelone è una montagna alta 3.538 m s.l.m. al confine tra la Valle di Susa e la Valle di Viù. La vetta è molto frequentata dagli escursionisti e dai pellegrini devoti alla Madonna. In sommità si trovano una Cappella, una statua in bronzo dedicata alla Madonna ed un rifugio, detto Rifugio Santa Maria, per le emergenze. In una giornata di fine luglio un gruppo di Condovesi che aveva collaborato in parrocchia ad allestire il banco di beneficenza per la festa patronale di San Pietro in Vincoli parte per una gita avente come meta il monte Rocciamelone. Al mattino con diverse auto raggiungono il Lago di Malciaussia a quota 1805 metri nella valle di Viù. Alle 11, lasciate le auto, zaini in spalla incominciano la marcia per raggiungere la vetta. La comitiva di oltre venti persone è composta da giovani tra i 17 e i 23 anni accompagnati dal vice parroco di Condove Don Giuseppe Pautasso, da un insegnante delle scuole medie Guido F. e da una coppia di coniugi Ada e Spirito G. Nel pomeriggio il tempo si fa incerto, grosse nuvole si addensano nel cielo, man mano che avanzavano il tempo peggiorava e un gelido vento sferzava la comitiva. La marcia viene rallentata, grosse gocce di pioggia cominciano a cadere ma ormai si è troppo avanti per tornare indietro. Il temporale diventa sempre più forte, e assieme alla pioggia comincia a cadere la grandine fitta e con grossi chicchi. La temperatura si è abbassata e i ragazzi avanzano con fatica. Il cielo è sempre più nero solcato da lampi accecanti e fragorosi. Alcuni si trovano in difficoltà per l’aria rarefatta e la fatica, tutti sono fradici di pioggia e intirizziti. Finalmente si approssima l’ultimo tratto: l’attraversamento del ghiacciaio e la salita finale. Per la mancanza di forze alcuni giovani perdono contatto dai primi e si formano tre gruppi che raggiungeranno la vetta verso le ore 20 il primo, alle 20,30 il secondo ed il terzo verso le 21. I coniugi Ada e Spirito G. avevano lasciato il gruppo alcune ore prima causa un malore della donna ed era ridiscesa al rifugio sul lago. Sulla vetta la comitiva era intenta a togliersi gli indumenti fradici di pioggia ed a riscaldarsi con qualche bevanda calda quando con un fragore assordante una folgore colpisce il rifugio scaraventando a terra o contro le pareti i giovani. Alcuni perdono i sensi (B. Lino e P. Paola) altri sono a terra sconvolti e spaventati con difficoltà alle articolazioni. Oscar D. B. che al momento del fulmine si trovava nel locale adiacente porta i primi soccorsi aiutato da Angelo V., dal Guido F. e dal sacerdote. La tensione è talmente alta che anche il sacerdote si accascia svenuto. A questo punto Oscar D.B. con Angelo V. e Giuseppe B. decidono di scendere a valle al Trucco per chiamare i soccorsi. Da Susa partono le squadre di soccorso che raggiungono la vetta in piena notte e trovano i ragazzi ancora sconvolti e prostrati, prestando loro le prime cure. Solamente tre ragazzi hanno avuto bisogno di ulteriori cure. Al mattino i giovani iniziavano a scendere a valle per tranquillizzare famigliari e amici sulle loro condizioni fisiche. A Condove intanto fin dal primo mattino si rincorrevano voci di feriti e morti che gettavano nell’angoscia i famigliari dei ragazzi ma finalmente verso le nove giungeva la notizia rassicurante che tutti erano salvi.

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Agosto 1975 – Un fulmine colpisce la Cappella di Camporossetto sui monti di Condove, tre persone ferite

Camporossetto una borgata a circa 1049 metri di quota sui monti di Condove ha una bellissima Cappella dedicata a San Martino dove in una giornata di metà agosto dell’anno 1975 il parroco di Laietto Don Dionisio Pettigiani si apprestava a celebrare la Santa Messa. Diverse persone erano già nella Cappella ed altre stavano arrivando quando scoppia un violento temporale con lampi e tuoni. Le persone presenti erano tutte al riparo nella Cappella quando entrata da una finestra, una saetta con un lampo accecante e fragoroso attraversava il locale e si scaricava all’esterno. La gente presa dal panico scappava fuori urlando spaventata. Ritornata la calma si faceva la conta dei feriti: una donna di Pratobotrile Rina B. col nipote e una terza persona ustionati, illesi tutti gli altri compreso il Parroco. La Cappella ha avuto le pareti annerite oltre a quadri ed ex voto sulle pareti bruciati.

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Agosto 1998 – Due persone sfiorate dal fulmine alla borgata Dravugna di Condove

Un pomeriggio dell’agosto 1998 nei pressi della borgata Dravugna di Condove (a circa 1200 metri s.l.m.), W.B. e G.B. padre e figlia stavano ammirando il panorama sottostante seduti su di un muretto vicino ad un albero di alto fusto. D’improvviso un fulmine accompagnato da un fortissimo boato è caduto sull’albero e si è scaricato al suolo passando in mezzo a padre e figlia. La figlia è finita a terra mentre il padre è stato sbalzato dal muretto e rotolato nel prato sottostante. Un vicino prontamente ha chiamato i soccorsi: entrambi hanno riportato ustioni al viso, sul collo e sul torace oltre ad un forte stato di choc. Pochi centimetri e le conseguenze avrebbero potuto essere molto più gravi. Il fulmine ha lasciato ai piedi dell’albero un solco lungo un metro e profondo diversi centimetri.

Gianni Cordola

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