Le masche al Truc del Castelletto (truch dël Castlèt)

A Condove ed in tutta la Valle di Susa nei secoli passati le masche erano un dato di fatto, tutti vi credevano, era per loro l’unica attestazione di forze sovrannaturali; erano considerate figure ambivalenti, capaci sia di compiere magie benefiche, come la guarigione, sia di causare sventure e calamità, e la loro origine si perde nel tempo, mescolando antiche credenze pagane e cristiane.

Una antica leggenda narra delle masche del Castelletto (lou truch dou tsatlé in franco provenzale o truch dël Castlèt in piemontese) un poggio a oltre 1500 metri di quota nel territorio del comune di Condove.

In quei tempi uno stagnaio itinerante partiva dal suo paese nella Val di Lanzo e raggiungeva a piedi le borgate montane di Mocchie e Frassinere pronto a lavorare della sua arte ed a soddisfare i bisogni delle famiglie: la sua attività principale riguardava i recipienti usati in cucina, tutti di rame: pentole, padelle, tegami e quant’altro che, dopo l’uso frequente, hanno il difetto di ossidarsi e per ovviare a questo inconveniente stagnava la parte interna dei recipienti, rivestendola di stagno.

Ogni due giorni raggiungeva una borgata diversa e nel suo viaggiare giunse in prossimità di un’altura a lui sconosciuta e non sapendo più ove si trovasse chiese informazioni in una baita poco distante abitata da due donne, madre e figlia, ambedue masche. Gli fu detto che era vicino a “lou truch dou tsatlé” e visto che era uno stagnaio (magnin in piem.) gli chiesero di riparare due paioli e alcune padelle offrendo in cambio qualche moneta più vitto e alloggio per quel giorno. Finito il lavoro e cenato in compagnia delle due donne si coricò nel fienile, senza prender sonno e udiva parlare le due donne mentre sistemavano le cucina e controllavano il camino.

Udì che l’una diceva all’altra : Un mese fa è nato un bel marmocchio a questo stagnaio, vuoi che andiamo a toglierglielo? E l’altra : Si andiamo pure. Detto fatto; si ungono le due megere di certa roba che conservavano in una pignatta, e legandosi un nastrino magico ad una gamba dissero: Àut e bass, portme fòra dij cafass – che vuol dire: in alto e in basso, portami fuori dai cespugli spinosi, e via di volo. Grazie al magico nastrino a una gamba potevano percorrere lunghe distanze in pochissimo tempo.

Senza indugio, lo stagnaio atterrito si unse pure lui alla pignatta e legatosi alla gamba un nastrino magico rimasto nel cassetto pronunziò il magico comando : Àut e bass, portme n’ora prima ‘d lor –In alto e in basso, portami un’ora prima di loro; ma nell’ansia di salvare il suo pargoletto dimenticò la prudente raccomandazione all’infernale cavalcatura, cosicché giunse sì un’ora prima, ma in quel viaggio strisciò con tutto il corpo nelle frasche e nei rovi, in modo che arrivò tutto flagellato e malconcio.

Si coricò al lato della moglie e stette in attesa di quello che stava per succedere. Ed ecco di lì ad un’ora giusta comparire un gattone nero, avanzare pian piano ed allungare la zampa per smorzare il lume. Ma lo stagnaio, che stava all’erta, tirò fuori una vecchia sciabola e giù un fendente a tutta forza; il colpo fu così preciso che portò via di netto la zampa destra al gattone, che saltò via nell’oscurità. La zampa subito si trasformò in una mano che non poteva essere ne più ne meno che la mano d’una delle streghe.

Tornati quindi tutti tre alla baita per la stessa via delle stelle, alla mattina lo stagnaio chiese di essere pagato dei suoi lavori. Venuta la figlia, egli vuole che lo paghi la madre, e quando questa gli vuol contare il danaro con la sinistra, egli pretende di averlo dalla destra.

Essa cerca schermirsi, ma finalmente stende il braccio, che si vede essere un arto tronco. L’uomo trae allora di tasca la mano recisa, l’accosta al moncone e quella vi si attacca così bene che non rimane più traccia della ferita. Sembra che quella mano non sia mai stata troncata.

Brutta avventura per il calderaio ma per fortuna finita bene, rimane una storia da raccontare nelle lunghe serate invernali.

Gianni Cordola

mappa Truc del Castelletto
Questa voce è stata pubblicata in Arte e cultura, c'era una volta, condove, curiosità, Folclore e tradizioni, leggende, Lingua piemontese, mestieri, Montagna Valle Susa, storia di famiglia, storia Piemonte e contrassegnata con , , , , , , , , , , . Contrassegna il permalink.