I suoni della borgata

Tutti noi conserviamo un ricordo sonoro dei luoghi in cui siamo cresciuti; quel ricordo che, di solito, si trasforma in una visione che rende il luogo un paesaggio parlante.

A mio padre, che viveva al Coindo, una borgata di Condove (TO), gli era sufficiente aprire la porta di casa per sentire quei suoni, e avere la sensazione di un paesaggio che appare e scompare. Lui dalla porta osservava il sorgere del Sole, oppure l’aria carica di sottile foschia che pian piano si alzava al cielo, e si sentiva il caratteristico suono dell’acqua.

frazione Coindo

In natura sono poche le cose che offrono una varietà così grande di suoni come l’acqua, che in montagna trova sicuramente l’ambiente migliore per manifestare le sue diverse voci. Al rumore del rio, che cantava sottovoce quando scorreva in superficie, si contrapponeva il suono scrosciante del torrente col fragore della corrente rimbalzante tra i sassi. Quando il torrente era in piena le sensazioni erano più forti: il rumore era allora cupo, roboante, provocato da una corrente rabbiosa, con il rumore dei sassi che si urtavano tra loro, rotolando sul fondo, tanto pareva alzassero una voce lontana, da sottoterra. Anche gli spruzzi d’acqua della fontana avevano la loro voce: gorgogliavano cadendo nella vasca di pietra.

fontana del Coindo

Il sibilo del vento, seguito da nuvole scure, indicava l’arrivo di un temporale con fulmini e tuoni, quelli che in poco tempo lasciano a terra molta acqua e grandine. La pioggerella era silenziosa, ma diventava scrosciante quando martellava in un’acquazzone. La grandine si manifestava con un ticchettio il cui timbro cambiava al variare della cosa colpita e dalle dimensioni del chicco. Invece la neve, che pareva non avere voce, aveva il potere di attenuare ogni altro suono, ovattando anche il suono delle campane.

Unico è il suono delle campane del campanile, e in particolare il suonare a festa; lo scampanellare per la benedizione della sera; il loro suonare per annunciare il trapasso di qualcuno; e il pressante richiamo delle campane suonate a martello richiamava i paesani per i primi soccorsi in caso di calamità.

Laietto – Campanile parrocchia S.Vito

Molti altri sono i suoni entrati a fare parte dei ricordi di mio padre, montanaro di nascita. Impossibile infatti dimenticare il verso degli animali, così diverso per ciascuno di essi: il miagolio del gatto, l’abbaiare del cane, il pigolio del pulcino, il cantare del gallo e il chiocciare della gallina, lo starnazzare dell’oca, il muggito della mucca, il raglio dell’asino, il belato della pecora, il ronzio del moscone, il gracchiare dei corvi e delle cornacchie, il tubare delle tortore e delle colombe.

Poi, quando si avventurava per la campagna circostante la borgata, non mancava di ascoltare la voce del cuculo, i gorgheggi degli uccelli sopra gli alberi, il tamburellare del becco del picchio, lo squittìo dello scoiattolo, il gracidare della rana, il frinire del grillo e della cicala, compagni del ronzio delle api e dei calabroni; e ancora il soffio della serpe, il frullìo delle ali del fagiano in fuga tra i cespugli. E, in alta montagna, il fischio della marmotta, lo stridere del falco con i suoi battiti d’ala veloci e nervosi, oppure alle volte il grido dell’aquila.

Anche il tramonto aveva il suo concerto: nel tardo pomeriggio si udiva il il garrito delle rondini in volo attorno ai fienili; mentre più tardi, al calar della sera, si poteva ascoltare la civetta, e il suono appena percepibile dei pipistrelli in volo.

Per finire il suono dei campanacci al collo delle vacche in pastura; lo scampanellio giocoso della campanella della capra; il fischio del vento tra i rami e lo stornire delle foglie; i suoni dei rami secchi che si spezzavano sotto gli scarponi, e il fruscio delle foglie secche calpestate durante le passeggiate per sentieri e mulattiere.

Non meno intenso era il ricordo dei suoni del mondo del lavoro: il raschiare della sega a mano; i suoni del martello sul ferro, sul legno e sulla pietra; il rumore sfrigolante della falce sull’erba e quello raschiante della sua lama durante l’affilatura con la cote; il gorgoglio dei getti di latte nel secchio durante la mongitura; i colpi della scure per spaccare la legna.

Altri suoni ormai scomparsi sono i canti dell’osteria di Gildo al Laietto, sempre allegri; il suono del corno che annunciava lo sparo delle mine e poi segnalava il cessato pericolo durante la costruzione della carrozzabile per Laietto; il suono della raganella, lo strumento che il venerdì santo sostituiva le campane.

Osteria di Gildo

A questi ricordi di suoni della borgata natìa di mio padre, aggiungo qualche altro suono del paese di Condove all’epoca dei miei anni verdi. Primo fra tutti l’inconfondibile suono della sirena delle Officine Moncenisio che durante la giornata accompagnava l’entrata e uscita dei vari turni di lavoro. E la corriera che con le sue trombe segnalava la partenza per le borgate montane e il suono l’accompagnava in ogni curva del percorso.

Ricordo però anche altri suoni famigliari. Anzitutto quello delle campanelle attaccate con un ferro a molla accanto alle porte dei negozi e attivati dal movimento delle stesse. Tra queste soprattutto quella della locale Alleanza Cooperativa Torinese, dove spesso venivo mandato a comprare generi alimentari di vario tipo, o anche dal tabaccaio per comprare sale e fiammiferi.

La ricordo con simpatia per il suo suono accattivante e impertinente, ma anche per il suo vezzoso dondolio che persisteva a lungo dopo ogni apertura della porta. Sonagli simili erano talora presenti alla porta delle case, sostituendo a tutti gli effetti gli attuali campanelli elettrici. Quando entrambi mancavano, ci si annunciava con la voce.

Passano gli anni e grandi sono stati i cambiamenti; ora gran parte di questi suoni non esistono più; le campane suonano soltanto nei giorni festivi; l’acqua, scorrendo nei ruscelli privi di manutenzione, spesso causano danno ai terreni. Nel paese i rumori prevalenti sono quelli delle autovetture: clacson, sgommate e frenate improvvise, e ancora lo sferragliare dei treni.

A questo punto non si è parlato di un suono: più che altro, è un rumore difficile da capire, anche se fa molto rumore: quello della vita del giorno d’oggi, che ci porta via pace e serenità, e segna il confine tra il rumore che ci disturba e il suono che ci affascina.

Gianni Cordola (scritto nel 2011)

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