Come già abbiamo visto in altri racconti, i montanari nei tempi passati si dilettavano a ricordare antiche leggende; e negli ingenui racconti, e nelle credenze che sembrano assurde a chi non ha profonda conoscenza del passato, ci hanno trasmesso una preziosa eredità degli avi.
Camminando a piedi verso il colle della Portia o della Forcola nella montagna di Condove, potrebbe capitare di vedere strane impronte, simili a quelle lasciate dagli zoccoli di legno, ma più larghe. Non si devono mai seguire! La leggenda narra che sono impronte della masca “Tometa”¹ e chi metteva il piede su un’orma da lei lasciata finiva per perdere la memoria ed era costretto per forza d’incantesimo a seguire le impronte fino a giungere alla sua barma in un luogo nascosto e impervio.
La masca “Tometa” è un essere tra mito e realtà che ha le fattezze di una donna apparentemente normale, ma dotata di facoltà sovrannaturali; anziana, di corporatura robusta, con vestiti in lana di pecora, un grande cappello fatto di foglie intrecciate e uno scialle nero a coprire tutto il corpo. La sua indole è di solito benevola, ma burbera e selvaggia, ed è inoltre suscettibile e vendicativa nei confronti di chi tradisce la sua fiducia. Lavora molto ed è sempre in cerca di qualcuno che possa aiutarla nei suoi lavori, soprattutto quelli caseari.
La “Tometa” ha fama di saper produrre i migliori formaggi della Valsusa, che con un incantesimo porta al mercato di Condove, dove vanno a ruba; ma nessuno è mai riuscito a vedere o capire dove vivesse, quante mucche e pecore avesse, e dove pascolasse gli animali. Ha altre utili conoscenze, come quella di guarire il bestiame e di riconoscere e saper usare le erbe medicinali. È anche considerata abile nel far pascolare il bestiame ed a scegliere le erbe migliori nei pascoli in alta montagna.
Secondo la leggenda, la “Tometa” essendo avanti negli anni, talvolta rapisce le persone per trasformarle in suoi servitori. Un episodio riguarda una ragazza di Laietto che si sarebbe ritrovata al cospetto della “Tometa” subito dopo averne calpestato le impronte nei pascoli del Collombardo. La creatura le alitò in viso e la condusse nella sua barma. Le fece bere il latte di una capretta nera e la ragazza dimenticò subito tutta la sua vita passata, trascorrendo gli anni successivi al suo servizio. La “Tometa” è una maestra dell’arte casearia e le insegnò a fare il burro, ma anche le famose tome fatte con latte vaccino crudo e tutti i segreti del mestiere.
Nella borgata passati diversi anni avevano ormai perso la speranza di rivedere la ragazza, ma un giorno un margaro alla ricerca di una pecora smarrita la vide sola mentre raccoglieva delle erbe, la riconobbe e la riportò in paese nonostante la sua resistenza. Si fecero molti tentativi per far tornare la memoria alla sventurata; alla fine, ciò che funzionò da antidoto fu il latte di una capretta bianca, offertale da una vecchietta esperta in alchimie.
D’improvviso la fanciulla recuperò la memoria e insegnò ai suoi compaesani i segreti che la “Tometa” le aveva svelato per fare il burro e le tome. È per questo motivo che ancora oggi gli abitanti delle borgate di Mocchie sono bravissimi nel produrre le tome ed hanno ottenuto tanti riconoscimenti.
Forse questa leggenda deriva dalla mitizzazione di un personaggio reale o forse dalla fantasia degli abitanti delle borgate di Mocchie, ma dopo secoli la toma di Condove (il comune di Mocchie è stato aggregato a Condove nel 1936) ha ottenuto il prestigioso marchio DOP (Denominazione di Origine Protetta) una garanzia di qualità. Sarà grazie alla masca “Tometa”? Non lo sapremo mai!
¹ – Tometa – nome in lingua piemontese (la “o” si pronuncia “u”) col quale si indica una donna astuta e maliziosa.
Gianni Cordola